
"Papabili, ite. Missa pro eligendo est". Nel giorno del Conclave, che si apre alle 16.30 con l’ingresso dei 133 cardinali elettori nella Cappella Sistina, il ragionamento su chi sarà il 267esimo Pontefice si fa più chiaro. Uno tra i 133 cardinali elettori in marcia verso l’altare della basilica vaticana di San Pietro diventerà il successore di Pietro, non di Francesco. Già. L’eredità di Papa Bergoglio che tanti rivendicano di voler difendere sembra essere sparita dall’omelia del Decano del Collegio cardinalizio Giovanni Battista Re, così come lo stesso Francesco, mai nominato neanche una volta.
In attesa di capire se sarà «buona la prima» votazione, attesa dalle 19 in poi quando dovrebbe uscire la prima fumata (servono almeno 89 voti, due terzi dei votanti) e se l’inno «Veni creator spiritus» per invocare la discesa dello Spirito santo avrà dato subito i suoi effetti, la sensazione è che non ci sia un accordo blindato né un nome su cui far convergere da subito i consensi. «E soprattutto non è detto che i “bergogliani” siano un unico corpaccione», ci dice una fonte vaticana che ricorda come - se è vero che i cardinali nominati da Papa Francesco siano più di cento - ci sia molta differenza di vedute tra quelli nominati nel 2013 e quelli appena un mese fa. Su Islam, immigrazione, gay e divorziati, rapporti con America, Asia e Africa non c’è un «idem sentire» né una linea di pensiero condivisa. «In questi 12 anni il mondo è cambiato, sono cambiati gli interlocutori. C’è il cattolico Trump, non più l’abortista Biden, le parole del cardinale Zen sulla Cina hanno lasciato il segno rispetto alla diplomazia vaticana con Pechino, orchestrata dal Segretario di Stato Pietro Parolin», ci dice un vaticanista off the record, che smentisce ogni dietrologia dietro i «doppi auguri» di Re allo stesso Parolin, quasi come fosse una sorta di investitura.
Nello smarrimento generale, con pochi interventi a toccare davvero l’animo dei cardinali durante le Congregazioni, serve una scossa. Non a caso il cardinale Re, che a 91 anni non parteciperà al Conclave, invoca la scelta di «un Papa che risvegli le coscienze». D’altronde, «l’elezione del nuovo Papa non è un semplice avvicendarsi di persone, ma è sempre l’Apostolo Pietro che ritorna», ricorda Re. È dunque di Pietro l’eredità da portare avanti, confortati in questo dallo Spirito santo e dalla presenza di Dio «al cui cospetto ciascuno dovrà presentarsi un giorno per essere giudicato», con «l’incombente immagine michelangiolesca di Gesù giudice (nella Cappella Sistina, ndr) a ricordare a ciascuno la grandezza della responsabilità di porre nelle mani giuste le “somme chiavi”», dice Re citando Dante e una frase di Giovanni Paolo II.
L’obiettivo del nuovo Papa è «risvegliare le coscienze e mantenere l’unità della Chiesa voluta da Gesù, nel solco tracciato da Cristo agli Apostoli» dal rischio dello scisma, mai così concreto dopo gli sbandamenti e le ambiguità su gay, divorziati e Islam. «È tra compiti di ogni successore di Pietro quello di far crescere la comunione di tutti i cristiani con Cristo, dei Vescovi col Papa e fra di loro. Non una comunione autoreferenziale - ricorda il Decano - ma tutta tesa alla comunione fra le persone, i popoli e le culture, avendo a cuore che la Chiesa sia sempre “casa e scuola di comunione”». Ma «unità non significa uniformità, ma salda e profonda comunione nelle diversità, purché si rimanga nella piena fedeltà al Vangelo. Ogni Papa continua a incarnare Pietro e la sua missione e così rappresenta Cristo in terra; egli è la roccia su cui è edificata la Chiesa».
Il prossimo Pontefice, come Autorità morale a cui tutti guardano, per usare le parole dell’ex banchiere Ior Ettore Gotti Tedeschi al Giornale ha il compito di «risvegliare le coscienze di tutti e le energie morali e spirituali nella società odierna, caratterizzata da grande progresso tecnologico, ma che tende a dimenticare Dio».
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