"Chiamami don Matteo – Zuppi, il vescovo di strada”. Questo il titolo del documentario che sarà presentato questo pomeriggio alla Festa del Cinema di Roma sul cardinale Matteo Maria Zuppi che proprio oggi in qualità di presidente della Cei sembra voler sfidare Papa Leone XIV sul tema dell'accoglienza degli omosessuali nella Chiesa.
"Se ho rosicato di non essere diventato Papa? No, assolutamente. È andata benissimo così", dice Zuppi, che ha iniziato la sua attività di prete nelle borgate romane al fianco della Comunità di Sant'Egidio, nell'incipit del documentario. "Mi hanno stupito i giovani che dicevano di tifare per me", aggiunge. E, poi, dice candidamente: "Non sopporto l’espressione vescovo di strada: dove dovrebbe stare altrimenti un prete, se non in strada?". In realtà, 'don Matteo' è un po' ovunque, anzi sembra essere onnipresente. Ieri, in occasione del Giubileo dei 'movimenti popolari' voluto espressamente da Papa Francesco, Zuppi ha dialogato insieme al sindaco di Roma Roberto Gualtieri nella multietnica cornice di piazza Vittorio. Poco dopo ha partecipato alla veglia per la celebrazione del Giubileo dei tradizionalisti che si è tenuta nella basilica di San Lorenzo in Lucina nell'ambito del XIV Pellegrinaggio Ad Petri Sedem. Zuppi ha concelebrato insieme al cardinale americano Raymond Leo Burke, conservatore e strenuo oppositore di Papa Francesco che proprio oggi celebra una messa con il rito latino nella basilica di San Pietro. Che sia stato una mossa politica per cercare un ponte con i tradizionalisti in vista del voto di oggi? Non è detto saperlo, ma una cosa è certa: si tratta di un voto cruciale.
Il Sinodo della Chiesa cattolica italiana, infatti, già sei mesi fa aveva bocciato il documento su cui è chiamata a esprimersi nuovamente oggi e una nuova sconfitta sarebbe un duro colpo per 'don Matteo'. Uno dei punti più discussi è proprio l'invito rivolto alla chiese locali di superare "l'atteggiamento discriminatorio a volte diffuso negli ambienti ecclesiali e nella società" e di impegnarsi "a promuovere il riconoscimento e l'accompagnamento delle persone omoaffettive e transgender, così come dei loro genitori, che già appartengono alla comunità cristiana". Ma non solo. Si invita, inoltre, le "chiese locali e le Conferenze episcopali regionali" a promuovere "percorsi di accompagnamento, discernimento e integrazione nella pastorale ordinaria di quanti desiderano fare cammini di maggiore integrazione ecclesiale, ma sono ai margini della vita ecclesiale e sacramentale a causa di situazioni affettive e familiari stabili diverse dal sacramento del matrimonio (seconde unioni, convivenze di fatto, matrimoni e unioni civili, etc.)".
Una presa di posizione che guarda al passato,
a quel Papa Bergoglio che il mondo progressista cattolico rimpiange, soprattutto alla luce della nuova linea imposta da Papa Leone XIV che sembra nettamente diversa in materia di sessualità e coppie Lgtb.