
L’usura non è una questione di calcoli o di percentuali: è un macigno che schiaccia le persone fino a renderle schiave. Lo ha ribadito Papa Francesco nell’udienza alla Consulta antiusura, definendo l’usura “un peccato grave, a volte gravissimo”, capace di spingere le vittime alla disperazione fino a far pensare al suicidio come unica via d’uscita. Il Pontefice ha ricordato che non solo i singoli, ma interi popoli possono essere piegati da sistemi usurari, e che anche pratiche commerciali apparentemente “di mercato” possono trasformarsi in strumenti di fame e morte.
È corretto anzi doveroso dare seguito a queste parole. L’usura non è un incidente contabile: appartiene alla stessa famiglia morale e sociale dei crimini organizzati che aggrediscono la convivenza civile. Là dove si toglie dignità, libertà e respiro a chi lavora onestamente, si intacca la spina dorsale stessa della società.
Ci sono migliaia di persone in Italia che ogni giorno si alzano, lavorano, pagano le tasse, tengono la schiena dritta, e quando la vita li mette davvero in difficoltà un licenziamento, una malattia, un fallimento, una separazione non trovano una rete di sostegno. È nel vuoto delle risposte pubbliche e comunitarie che l’usura si insinua: non con il volto compassionevole dell’aiuto, ma con quello predatorio del ricatto, spesso collegato come le cronache giudiziarie non cessano di mostrare a circuiti, interessi e modalità propri della criminalità organizzata, della mafia, della camorra, dell’‘ndrangheta, della Sacra Corona Unita e di altri fenomeni mafiosi che da sempre si nutrono delle fragilità umane.
Ed è proprio su questo fronte che il nostro Paese ha dimostrato, e continua a dimostrare, di non arretrare: grazie al lavoro costante delle forze dell’ordine, della magistratura, dei prefetti d’Italia e di tutto il circuito istituzionale legato alla sicurezza, siamo certi che la giustizia saprà assicurare a sé questi criminali che usano le persone oneste e in difficoltà per portare via loro tutto ciò che hanno. Lo Stato, come sta facendo e come ha sempre fatto, ha il dovere e la capacità di stroncare questa piaga sociale mettendo alla sbarra chi lucra sulla disperazione, e di spezzare quei legami usurari funzionali alla criminalità organizzata.
C’è un’immagine, più potente di mille dati: è quella della porta chiusa di notte. Una famiglia, la luce accesa in cucina, una mano tra i capelli, i conti sul tavolo. Nessuno bussa per aiutare. Il giorno dopo, bussa chi non dovrebbe bussare: non per sollevare, ma per incatenare. La differenza tra salvezza e rovina, tra dignità e schiavitù, sta tutta in ciò che lo Stato, la società civile e la comunità riescono a costruire prima che quella porta venga forzata dal ricatto.
Le parole del Papa non restano nell’ambito del morale: riguardano l’ordine civile. Minare la dignità economica dei più fragili equivale a incrinare le fondamenta di una democrazia. E un Paese si riconosce dalla capacità di impedire che chi cade sia costretto, per sopravvivere, a bussare alla porta dei carnefici. Grazie, Sua Santità.