Cosa rivela il logo dell'ultimo viaggio del Papa (e perché è importante)

Francesco sarà a Budapest dal 28 al 30 aprile. L'arcivescovo e primate ungherese racconta attese e preparativi in un'intervista

Cosa rivela il logo dell'ultimo viaggio del Papa (e perché è importante)

L’Ungheria aspetta il Papa. Francesco sbarcherà a Budapest a fine aprile per il primo viaggio apostolico post-ricovero. A fare gli onori di casa sarà il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest e una delle figure più autorevoli della Chiesa universale. Lo abbiamo intervistato per sapere come il Paese si sta preparando all'imminente appuntamento.

Eminenza, il Santo Padre ha voluto confermare la visita in Ungheria poco dopo essere stato dimesso dall’ospedale. Cosa rappresenta per voi la determinazione con cui ha voluto mantenere quest’impegno?

L’impegno del Papa è un gran segno di attenzione pastorale verso il popolo e la Chiesa ungherese. Nel 2021 venne a Budapest per celebrare la Messa conclusiva del Congresso eucaristico internazionale. L’evento vide la partecipazione di tanti pellegrini provenienti da 83 Paesi e già allora si percepì il grande affetto degli ungheresi verso Francesco.

Il logo scelto per il viaggio è un cerchio che simboleggia l’Eucaristia. È un modo per collegarsi al Congresso di due anni fa?

Il logo scelto per il viaggio infatti è un simbolo dell’Eucarestia e cosi può essere considerato come riferimento al Congresso Eucaristico di due anni fa. Il logo contiene anche il simbolo di un ponte. La città di Budapest è una citta di ponti. E tutta l’Ungheria considera un po’ come sua vocazione storica l’essere ponte tra popoli e culture, tra l’Oriente e l’Occidente. Infine, sul logo si vedono anche i colori della bandiera ungherese (rosso, bianco, verde) e quelli della Santa Sede (giallo e bianco).

Francesco si recherà a conoscere i bambini non vedenti ospiti dell'istituto “Beato László Batthyány-Strattmann”. Che messaggio vuole dare Francesco con questa visita?

Come si è potuto vedere al Gemelli, il Santo Padre ha un grande cuore verso i bambini malati. La visita prevista all’Istituto è segno di un grande riconoscimento della dignità della persona umana, del valore immenso di ogni vita umana. È, anche, un messaggio per tutti gli operatori sanitari. In quest’epoca in cui la medicina lavora con una moltitudine di mezzi tecnici e scientifici, l’affetto e il rispetto verso la persona umana rimangono al centro di tutta questa attività.

Perché per la Chiesa ungherese è particolarmente importante che il Santo Padre abbia scelto di incontrare voi vescovi, il clero e gli insegnanti di religione nella Basilica di santo Stefano?

La Basilica di santo Stefano è la cattedrale della città di Budapest. Essa è però anche un santuario, dove si custodisce la mano destra di santo Stefano, primo re cristiano dell’Ungheria. Tale reliquia è quella più venerata dagli ungheresi. Nella Basilica si ricorda il gesto storico di santo Stefano che, non avendo più figli viventi, prima della sua morte avvenuta nel 1038, ha offerto la sua corona, il suo Paese alla Madonna. Tale affidamento, secondo la tradizione, è stato il primo gesto di questo genere nella storia. Così si capisce che nel 2022, quando Papa Francesco ha invitato i vescovi a consacrare la Russia e l’Ucraina alla Madonna, noi abbiamo celebrato questo atto di affidamento proprio davanti alla reliquia di santo Stefano. Abbiamo imparato dalla nostra storia che senza la Provvidenza Divina nessuna comunità può persistere. Per questo dobbiamo vivere la storia con fiducia cristiana.

Francesco ha lodato il contributo dell’Ungheria per la protezione dei rifugiati dalla guerra. La preghiera per la pace sarà protagonista dei tre giorni di visita apostolica in Ungheria?

Nel primo anno della guerra, l’Ungheria che ha meno di dieci milioni di abitanti ha accolto ben più di un milione di profughi provenienti dall’Ucraina. La maggioranza ha continuato il suo viaggio verso l’Occidente, ma molti sono rimasti da noi. Molti aiuti umanitari sono stati inviati anche in Ucraina stessa.

Tutte le nostre organizzazioni caritatevoli, ma anche le parrocchie e le scuole cattoliche si sono impegnate per aiutare i singoli rifugiati ed in special modo le famiglie. Molti pregano per la pace in Europa e in tutto il mondo.

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