Vaticano

La vera rivoluzione di Francesco: così ha preparato la sua successione

In dieci anni di pontificato sono cambiati i tradizionali criteri per la creazione dei nuovi cardinali, cambiando la composizione del sacro collegio, peraltro, un modo per indirizzare il suo successore

La vera rivoluzione di Francesco: così ha preparato la sua successione

Dei 115 cardinali che parteciparono al Conclave del 2013, solo 42 sono quelli che non hanno ancora compiuto gli 80 anni e dunque compaiono nella lista degli elettori. Se Giovanni Paolo II ha presieduto nove concistori per la creazione di nuovi cardinali in più di 26 anni di pontificato, a dieci anni dall'elezione Francesco è arrivato già a quota otto. Dei 123 cardinali attualmente elettori, il pontefice argentino ne ha creati ben 81. Il numero complessivo di membri elettori del sacro collegio, peraltro, è al di sopra della soglia massima di 120 cardinali che aveva imposto Paolo VI e che anche in passato non è stata rispettata.

Porpore strategiche

Questi numeri testimoniano la consapevolezza di Francesco dell'importanza soprattutto futura del sacro collegio che, essendo chiamato ad eleggere il suo successore, ha in mano la possibilità di dare continuità o meno alle riforme da lui volute in questi dieci anni di pontificato. Con il trascorrere degli anni, mentre nei primi concistori si registravano alcuni profili di neo-cardinali distanti dall'orientamento di Francesco nel governo della Chiesa come il cardinal Gerhard Ludwig Müller, negli ultimi concistori c'è stata una netta prevalenza di prelati a loro agio con le decisioni papali. Forse non a caso proprio il prefetto emerito del dicastero per la dottrina della fede aveva chiesto al Papa di "essere più attento a ogni sensibilità, anche quelle più lontane dalle sue, in modo da provare a tenere tutti uniti".

La carica dei gesuiti

In questi dieci anni, Francesco ha dimostrato di fidarsi soprattutto dei suoi confratelli appartenenti alla Compagnia di Gesù e di affidare molti incarichi delicati nel governo della Chiesa. Questo ha fatto sì che ne includesse diversi di loro anche nel collegio cardinalizio: gesuiti sono l'italiano Gianfranco Ghirlanda, il lituano Sigitas Tamkevičius, il peruviano Pedro Ricardo Barreto Jimeno, il lussemburghese Jean-Claude Hollerich, lo spagnolo Luis Francisco Ladaria Ferrer e il canadese Michael Czerny. Per quest'ultimo, addirittura, la creazione a cardinale venne annunciata prima ancora dell'ordinazione episcopale: non era ancora vescovo ma un semplice religioso.

Addio sedi tradizionalmente cardinalizie

In questi dieci Francesco ha dimostrato di avere una certa predisposizione alla rottura degli schemi e non è stato da meno anche sulle nomine cardinalizie. Con lui sul soglio pontificio, infatti, è tramontato il criterio di quelle che venivano chiamate sedi tradizionalmente cardinalizie. A bocca asciutta, infatti, sono rimasti i titolari di diocesi importanti come Torino, Venezia, Palermo, Parigi, Cracovia e Milano. In quest'ultimo caso, addirittura, Bergoglio ha preferito creare cardinale nell'ultimo concistoro Oscar Cantoni, vescovo di Como che è una sede suffraganea dell'arcidiocesi di Milano. Questa circostanza ha provocato la protesta ironica del successore di Anatalo, l'arcivescovo Mario Delpini.

Scelte sorprendenti

Mentre Venezia, che nel novecento aveva dato ben tre Papi alla Chiesa universale con l'elezione degli ex patriarchi Giuseppe Sarto (Pio X), Giuseppe Roncalli (Giovanni XXIII) e Albino Luciani (Giovanni Paolo I), continua a rimanere senza porpora, l'onore di ospitare un cardinale è toccato a piccole e lontane diocesi. Per la prima volta sono stati creati cardinali in Paesi come il Brunei, Singapore, Paraguay, Timor Est, Tonga. Ma anche in Paesi abituati ad avere cardinali, non sono mancate le sorprese: in Francia, ad esempio, niente porpora all'ex arcivescovo di Parigi, il conservatore moderato Michel Aupetit mentre nell'ultimo concistoro è stato premiato l'arcivescovo di Marsiglia Jean-Marc Aveline, molto attento al tema dell'accoglienza dei migranti.

L'andamento dei concistori degli ultimi dieci anni fa pensare che Francesco sia determinato a dare al collegio cardinalizio una fisionomia precisa, che tenga conto della sua predilezione per le periferie e al tempo stesso che non si discosti dall'idea di pastore a lui più consona, tanto da far affermare a Jean-Marie Guénois di Le Figaro che "prepara con cura la sua successione affinché continui l’orientamento che sta dando alla Chiesa Cattolica".

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