Lo ritenevano troppo gentile, troppo ben disposto verso i propri avversari politici. E John McCain per mesi non ha fatto nulla per contrastare questa immagine. Anzi, a Barack Obama voleva quasi bene, felicemente ricambiato. L’estate scorsa lo stimava; dieci giorni fa, in occasione del primo dibattito televisivo, ancora lo sopportava. Ora lo odia, visceralmente e non tenta nemmeno di nasconderlo. Il senatore di colore non è più un semplice rivale politico, bensì un nemico da annichilire.
Il secondo faccia a faccia rappresentava un’occasione importante, che il vecchio John ha cercato di non farsi sfuggire. Con risultati però non del tutto soddisfacenti. Difficile trasformare un gentleman con i capelli bianchi in un hooligan; difficile far dimenticare i disastri di Bush poche ore dopo l’ennesimo tonfo di Wall Street. Gli avevano detto: attacca. E lui ha attaccato su ogni fronte. Ha promesso un fondo di salvataggio anche per i cittadini che non riescono a pagare il mutuo; ha accusato il candidato progressista di voler alzare segretamente le tasse; ha svelato che tra i sostenitori di Barack c’erano dei lobbisti di Freddie Mac e Fannie Mae, i colossi del mutuo salvati dal crac, pronunciando una frase assassina: «Con l’incoraggiamento di Obama e della sua cricca a Washington queste due società hanno concesso tanti prestiti a gente che non poteva permettersi di restituirli».
Questo dibattito passerà alla storia per la sequenza in cui McCain, dopo che il senatore dell’Illinois aveva affermato che la legge «era piena di regalie, miliardi di dollari, per le compagnie petrolifere» ha chiesto: «Volete sapere chi ha votato a favore?». E anziché rivolgersi al suo rivale dandogli del «senatore» o «del candidato democratico», come d’uso anche nei dibattiti più accesi, ha sibilato due parole: «Quello là», dandogli le spalle e indicandolo con un gesto della mano. «Quello là», come dire: un piccolo uomo che non merita considerazione. Raramente in un dibattito televisivo si erano toccati livelli così bassi. Un gesto razzista? No, semmai un’esplosione di stizza da parte di un uomo che ha tante virtù, ma un grande difetto: l’impulsività. Il vecchio John è risultato troppo astioso e troppo personale per rendere efficace e davvero distruttiva la sua acredine.
Ha comunicato tanta passione e questo gli ha permesso di reggere il confronto. Ha rinfacciato a Obama le sue colpe, le sue contraddizioni (alcune vere, altre presunte), ma senza riuscire a esaltarne una davvero vincente.
Secondo gli strateghi repubblicani, il dibattito avrebbe dovuto segnare l’inizio della rimonta, ma verrà ricordato come un’occasione perduta.
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