da Roma
All'improvviso, qui alla Festa, tutti hanno scoperto Juno: conferenza stampa affollata, colleghi arrivati col fiatone, interviste a raffica... Dunque, il Giornale di ieri ci aveva preso. Il piccolo film di Jason Reitman, canadese, classe 1977, s'è aggiudicato il massimo premio, il Marc'Aurelio d'oro, che significa anche un assegno di 200 mila euro. Sapremo stamattina a chi sono andati gli altri tre riconoscimenti ufficiali decisi dai cinquanta giurati popolari guidati dal regista Danis Tanovic, Oscar per No man's land: e cioè miglior attore, miglior attrice, Premio speciale della giuria.
Tutti felici, ancorché sorpresi, alla 20th Century Fox, che distribuirà il film a febbraio. Ma che Juno fosse il titolo giusto, per illuminare in extremis il bistrattato concorso, era apparso subito chiaro. Spiritosa, densa, non convenzionale, scritta con piglio brillante, la commedia s'è imposta d'impeto sui tredici film concorrenti, alcuni dei quali firmati da registi di pregio, come Mazzacurati, Babenco, Medem, Corneau. Molto è merito della protagonista, la ventenne canadese Ellen Page, appena ringiovanita sullo schermo per incarnare la sedicenne Juno: Giunone poco giunonica, la ragazza adora gli horror di Dario Argento, parla allegramente di sesso e lo pratica pure. Quando resta incinta, invece di abortire, decide di portare avanti la gravidanza, con l'idea - non ostacolata dai comprensivi padre e matrigna - di affidare il marmocchio a una rassicurante coppia dei quartieri alti. «Potrei mettere il bambino in un cesto e mandartelo. Come hanno fatto con Mosè», scherza Juno. Poi, a mano a mano che la pancia cresce e con essa la consapevolezza, scopre che i due genitori promessi (lei è Jennifer Garner, la star di Alias) non sono così perfetti: meglio capire meglio, rifletterci un po', decidere a testa alta.
Impegnato altrove il regista, a Roma sono venute ad accompagnare il film l'attrice protagonista Ellen Page e la sceneggiatrice Diablo Cody (sarà un nome d'arte?). Simpatiche e spigliate, si beccano all'incontro stampa una scarica di complimenti. Del tipo: «Erano anni che non ridevo così»; «Grazie per questo film meraviglioso»; «Una boccata d'aria buona». Le due ringraziano. L'attrice, jeans neri e scarpe da ginnastica rosse, sembra proprio la ragazzina del film; la sceneggiatrice, formatasi nel mondo di Internet ed esperta del ramo avendo una figliastra, racconta serenamente di aver visto Juno «come un'estensione giovanile di se stessa». Così, su proposta del produttore, che per sei mesi si sganasciò dalle risate leggendo il suo blog, Diablo ha scritto il copione di getto, con stile fresco e scoppiettante: «Non avevo ambizioni alte, volevo solo dialoghi diretti, realistici, e una protagonista un po fuori dal comune». Dovunque, a Toronto come a Roma, il pubblico ha risposto bene, sorridendo e tifando. Infatti l'ha già chiamata Spielberg.
Resta da capire se Juno, fiera adolescente del Minnesota in bilico tra rock degli Antsy Pants e ricerca di sé, piacerà alle coetanee italiane. Di sicuro, il verdetto della giuria popolare ha riportato il sorriso sul volto di Bettini, patron della Festa, dopo una settimana ingrata: tra pioggia, polemiche sui divi, contorsioni del Pd e affondi del Corriere.
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