Nel mezzo di tristi casermoni, c’è un luogo felice sfuggito ai palazzinari di Milano. Un quartierino quasi fiabesco di villini anni Venti e vialetti silenziosi. Nell’oasi dimenticata abita Enzo Iacchetti che sulla porta, vestito da istruttore di vela - tuta blu con la scritta Royal Navy -, mi fa cenno di entrare.
«Sembra campagna. Nostalgia del Lago Maggiore della sua infanzia?», gli chiedo mentre una graziosa brunetta mi toglie di mano il cappotto e chiede se voglio un caffè. È la compagna dell’attore.
«No. Il lago non era propizio alla mia arte. Io volevo suonare la chitarra e cantare. Ma c’erano solo i teatrini parrocchiali e i parroci volevano prima leggere i testi delle mie canzoni. Poi, dicevano no», e sediamo nella veranda che dà sul giardinetto. Enzino ha capelli sapientemente acconciati per dargli un’aria al vento ma curata.
«Anche suo padre l’ha ostacolata».
«Se vedeva la chitarra urlava. Per lui l’artista era roba per drogati, raccomandati e puttane. Non che fosse lontano dal vero. Ma ce l’ho fatta senza compromessi e ora, che è morto da tanto, ho il cruccio che non abbia potuto vedere che ho salvaguardato la mia dignità», ride ma con un fondo evidente di serietà. Enzino, per pudore, alleggerisce tutto quello che dice.
«Che faceva suo papà?».
«Nel Cremonese, dove sono nato e di cui siamo originari, il ciabattino di strada. Sul lago, dove ci siamo trasferiti in cerca di fortuna, aveva un negozio di vini al confine con la Svizzera».
«Lei che studi ha fatto?», mi impiccio.
«Ragioniere mio malgrado, per volontà paterna. Ma, avuto il diploma, gliel’ho consegnato e ho detto: “Ora parto militare e quando torno faccio quel che voglio”».
«Seguire le orme Giorgio Gaber, il suo idolo».
«Uno dei pochi maestri che ho avuto. Scappavo di casa per andarlo a sentire a Milano. Sgraffignavo i soldi del treno ai miei o facevo l’autostop. Di persona, l’ho invece conosciuto a 40 anni. Già facevo Striscia. Andavamo al ristorante lui e io soli. Per me, era un guru. Gli citavo versi suoi che lui neanche ricordava. Due anni meravigliosi. Poi si è ammalato e i rapporti si sono diradati. Quando è morto però ho voluto tenermi in contatto con la famiglia».
«Così, da anni, è stato designato dalla figlia Dalia a condurre il festival Gaber di Viareggio e ora è uscito il suo disco ricordo con le canzoni di Giorgio».
«Erano considerate vecchie. A me “vecchio” non piace in tutti i sensi. Vecchio è non avere più niente da dire. Gaber era avanti decenni. Ho dato una riverniciatura a Torpedo blu e alle altre. Il disco funziona. Piace anche ai gaberiani che sono esigentissimi», dice felice di non essere stato indegno del maestro.
«Dopo anni grigi fu lanciato da Costanzo su Canale cinque».
«Con le canzoni bonsai».
«Consacrato da Striscia la notizia, stesso canale».
«Un primo contratto prova di una settimana. Poi di un mese. Poi di un anno. Ora da tre lustri faccio coppia con Ezio Greggio».
«Vi limitate a presentare o lavorate alle inchieste?».
«Siamo i portatori sani delle querele. I primi a essere convocati in tribunale. Poi si chiarisce che abbiamo solo letto le battute preparate da Antonio Ricci e gli altri autori e tocca a loro risponderne».
«Leggete solo?»
«Ci inventiamo i siparietti tra noi. Guardo Enzo e mi dico: “Ora me la tira. Devo anticiparlo”. Lui lo stesso. Se esageriamo, arriva la telefonata di Ricci: “Andate dritti” quando c’è molto materiale da mostrare. Se invece scarseggia, dice: “Allungate il brodo”».
«Come vi dividete le parti?».
«Ezio fa l’aggressivo. Io il remissivo. Se lui forza i toni, io li abbasso. Per ricordare che il nostro non è un Tg, ma un varietà».
«Quali inviati preferisce?».
«Io sono uno che per dire una parolaccia ci pensa sette mesi. Perciò, mi piacciono gli inviati teneri. Gimmy Ghione è quello che si avvicina più al mio modello di giornalista educato e prudente piuttosto che i turbinamenti di Capitan Ventosa il quale, però, è bravissimo nel suo genere».
«Quando vi sostituiscono i siciliani Ficarra e Picone sperate che scendano gli ascolti?».
«Sarei un mostro se dicessi ciò. Siamo tutti una squadra. Però se fanno 50mila ascolti meno di noi, io sono contento: posso farlo valere nel rinnovo del mio contratto. Scherzi a parte, loro hanno più seguito al Sud, noi al Nord».
«Lei e Greggio siete amici anche nel privato?».
«Molto. Quest’estate abbiamo passato due settimane di vacanza insieme. Ci divertiamo come due bambini. Più invecchiamo, più peggioriamo».
«Avete entrambi il vizio di fidanzarvi con ragazze con trenta anni meno di voi».
«Ci sentiamo giovani. Facendo questo mestiere non si capisce che andiamo per i sessanta. Me ne accorgo solo dagli acciacchi».
«Per lei - 57 anni - una quarantenne è un’aberrazione?».
«Ma no. Sono stato sposato con una coetanea. È che mi sento vispo».
«La sua ex fidanzata, la velina Maddalena Corvaglia, 28 anni meno di lei, finito il rapporto, ha detto: “Enzino è troppo immaturo per me”. Un commento».
«Non saprei. L’ho cancellata».
«La sua attuale compagna ha anche lei 28 anni di meno. A quando le nozze?».
«Non mi sposo. Ho già dato. Sono sereno e abbiamo un rapporto normalissimo e gli stessi hobby: la sera il film tv e poi a letto», dice e proprio in quell’istante passa la figliola. Fa un bel sorriso ma a occhi stretti che pare dica: «Faremo i conti dopo».
Baciapile o ateo incallito?
«Invidio chi ha fede ma non sono credente anche se la mia famiglia era cattolica».
La sentenza Ue che vieta in Italia i crocifissi a scuola?
«Penso che a Cristo non gliene frega nulla di essere appeso in classe. Lui vuole essere appeso nei cuori. Comunque, da laico, a me il crocifisso non dà nessun fastidio. Mi infastidiscono... non lo dico».
Dica.
«I preti pedofili. A me non interessa il privato delle persone pubbliche, ma che facciano il bene comune. Non voglio rinunciare a un bravo presidente del Consiglio o di Regione per storie di squillo o di trans. Si indaga su chi va a troie o transessuali e non su cose importanti come farsela con i bambini. E ce n’è una schiera, tra notai, onorevoli e compagnia».
Lei è un ipersinistro vicino a Rifondazione.
«Ma no. Santocielo, chi lo dice? Conosco Bertinotti, ma conosco anche Larussa o il leghista Zaia. Chiaro che vengo da sinistra ma anche lì ho sempre contestato. Poi, quando la sinistra mi ha deluso non sono più andato a votare. Distinguere oggi tra sinistra e destra è quella che Gaber definirebbe un’inutilità».
Indifferente a entrambe?
«Mi piace Bersani ma sono favorevolmente colpito dalla Gelmini. Con la maturità apprezzo le cose ben fatte. Potrei appoggiare tipi di destra o di sinistra purché brave persone e col programma giusto. Sono libero».
Mai chiesto: «Sei di sinistra, come fai a lavorare per Mediaset del Cav?».
«Hai voglia. In questo, la sinistra è bolscevica. Poiché lavoro per il Cav, quelli della Rai pensano come minimo che sono del Pdl o, addirittura, leghista. A Mediaset ci sono più comunisti che in Rai».
Che rapporti ha con la Rai?
«Lì non posso neanche dire che ho fatto un nuovo disco e trovare qualcuno che lo promuova: lavoro a Mediaset e sono il diavolo. Questo dividere tra uomini Rai e Mediaset è orrido. Che diamine: guardate invece alla tv che faccio!».
Lei è sempre stato a Mediaset.
«Mai tradita anche se altrove potevo guadagnare di più. Fedele a chi mi ha sempre trattato bene e mi ha cambiato la vita. Lavoro in un’azienda di destra? Mi sta bene. Ma se mi chiedono anche il voto, rispondo picche. Però non è mai successo».
Berlusconi?
«Anche lui mi chiama comunista. Ma ha anche detto: magari tutti i comunisti mi rendessero i tanti soldi che mi fa fare questo qua».
Cosa pensa di lui?
«Lo adoravo quando gestiva la tv. Politicamente, invece, non sono in linea. Lo trovo però molto simpatico quando svicola alle domande sulle sue alcove. Non so se un premier può permetterselo o se debba essere un bacchettone come la Merkel, ma non m’interessa. So che qualcosa di buono l’ha fatto, lo fa e speriamo che lo faccia sempre di più. Ero più in disaccordo con Prodi. Comunque...».
Comunque?
«Alla sua età, farsi un mazzo così e non godere quello che ha, dimostra un carattere straordinario. Io starei alle Bahamas a pescare su una barca di lusso e la sera aprirei i cancelli della mia megavilla a meravigliose ragazze».
Lei è ricco. Mai evaso le tasse?
«Mai. Quando mi telefona il commercialista, dice: “Siedi e manda giù di colpo un brandy. Ora ti dico cosa devi pagare”. Ma sono anche fiero. Io pubblicherei il mio 740 un giorno sì, l’altro pure».
Qual è la cosa che le fa più rabbia dell’Italia?
«Che non tutti paghino le tasse».
Se l’è fatta un’idea della vita?
«Una cosa meravigliosa che potrebbe essere più bella senza guerre, fame, lotte religiose. Una grande occasione che sprechiamo».
Cosa direbbe Gaber a questo punto?
Lo ha detto e io lo dico con lui: rimettiamo al centro l’uomo.
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