«Il velardismo esiste: è la mancanza di ipocrisia» diceva qualche anno fa a Claudio Sabelli Fioretti, in unepica intervista nel corso della quale Claudio Velardi negò, ma al lettore sovvenne una certa qual somiglianza con il berlusconismo, là dove con candore enunciava verità tipo: «È democratico un sinedrio dove venti persone decidono come rompere i coglioni al leader? Se lo avete eletto, lasciatelo governare».
Ecco. Devessere per questo inconsapevole parallelismo, che lex capo dello staff di Massimo DAlema a Botteghe Oscure e a Palazzo Chigi, in unesilarante intervista a «Chi» adesso rivendica: «Il vero papi di Palazzo Grazioli? Sono io». E se poi non si potesse usurpare il titolo a Silvio Berlusconi, vabbè, ubi maior, ma almeno concedetegli la qualifica di «vecchio zio». Tanto, devessersi detto Velardi, prima o poi i paparazzi mi beccano, visto che le società di marketing politico che gestisce con altri due ex dello staff dalemiano, Massimo Micucci e Antonio Napoli, hanno sede al quinto piano di Palazzo Grazioli, terrazza di 200 metri quadri con vista su Roma, tre piani più su della residenza del premier.
Così, sul numero del settimanale diretto da Alfonso Signorini in edicola oggi, dice che sì, con Berlusconi ci sono «ottimi rapporti», lo incontra spesso in ascensore e «chiacchieriamo (mi chiede sempre dei miei amici comunisti), scherziamo sul fatto che da noi circolano belle donne e spesso mi invita a entrare da lui per finire la conversazione». Alle feste no, il premier non lo ha mai invitato, ma se è per quello: «Di feste ne facciamo molte più noi. Su questa terrazza la sera è un vero spettacolo. A volte facciamo arrivare i cuochi da Anacapri o anche lo chef Gianfranco Vissani... Sono eventi a tema, ma sempre a scopo di lobbying politico. Paolo Bonaiuti (sottosegretario e portavoce del premier, ndr) è stato spesso nostro ospite». E «noi», precisa orgoglioso lex assessore della giunta campana di Antonio Bassolino, sono lui e quelle che sono state già ribattezzate le «Velardis girl». Infatti il servizio è corredato da diverse foto. Nella prima cè lui, Velardi, circondato dal suo staff, interamente al femminile. In tutto sono 24 donne, undici delle quali fra i 20 e i 30 anni. Lui la spiega così: «Preferisco le donne, sono più brave, determinate e tenaci».
La selezione la fanno i tre soci, Velardi, Micucci e Napoli, la scelta avviene «per la luce che hanno negli occhi», là dove «il curriculum conta», ma la laurea e la conoscenza delle lingue, spiega Velardi, da sole non valgono, perché servono anche «capacità relazionale» e «solarità», oltre a una certa «sobrietà nel vestire»: «Non sopporto chi vuole mettersi in mostra con minigonne e abiti provocanti».
Nella squadra rosa ci sono ragazze dalle più svariate estrazioni, da Gaia Carretta, la bionda ex portavoce di Antonio Di Pietro e ora responsabile di Media Affairs, lunica sposata precisa la didascalia di «Chi», a Maura Satta Flores, responsabile della Corporate e unica italiana nello staff di Barack Obama, a Veronica Brescia, con esperienze giornalistiche e televisive. Come ci sono arrivati, Velardi&C nella «porta accanto» in via del Plebiscito? Per caso. «Ma il fatto di essere vicini di casa di Berlusconi ci intrigava parecchio...».
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