Veltri: ai magistrati direi cose gravi su Tonino

da Roma

Vi è un articolato capitolo del dossier dell’ex segretario dell’Italia dei Valori sull’allegra gestione del partito (e delle sue finanze) da parte del presidente Antonio Di Pietro, che ha riscosso particolare attenzione in procura a Roma. È quello dedicato alla «condizione antidemocratica interna alla associazione Idv», laddove - secondo quanto riportato da Mario Di Domenico, l’ex braccio destro dell’ex pm - chiunque abbia avuto da ridire sul modo di amministrare economicamente il partito, è stato epurato, messo da parte o nella condizione di non nuocere.
Dell’europarlamentare Giulietto Chiesa abbiamo dato conto in parte ieri, su Sylos Labini, Veltri, Donnici e tanti altri ci concentriamo oggi. Partendo proprio da Beniamino Donnici, ex assessore calabrese, passato in questi giorni dall’Idv alla Cosa Bianca. «Il 24 settembre 2005 - si legge nel dossier - Donnici nel constatare l’assoluta carenza di democrazia interna nel partito IdV denunciava «la necessità di riforma e attuazione dello statuto nazionale, per la garanzia delle varie anime del partito all’interno degli stessi organi associativi». Nonché il diritto «alla quota del fondo comune, statutariamente spettante ai componenti interni delle regioni». La denuncia, va detto, non ha stimolato reazioni ai vertici. Eccezion fatta - continua l’esposto - per «l’anticipata fissazione del processo inquisitorio in capo al denunciante». Per la cronaca, Donnici è stato poi espulso per indegnità politica e morale. Al Giornale l’8 aprile 2006 confessò: «L’Idv è un partito dove non ci sono organismi. Se uno solo dissente, viene cacciato». Non contento di ciò - dice Di Domenico al pm - il presidente dell’Idv o chi per lui «ha armato immotivate espulsioni a raffica sic et simpliciter: del coordinatore regionale dell’Umbria, Salvatore Procacci; del coordinatore della provincia di Padova, Armando Della Bella, e via via discorrendo con quanti, tanti, erano stati solidali alle rivendicazioni di Donnici». Dulcis in fundo, «Di Pietro ha “disposto”, con fare arbitrario e quindi illegittimo, il commissariamento dell’associazione Idv-Lazio, retta da statuto pubblicamente registrato. In ciò violando, ancora una volta, il principio di statuto a base federativa, di autonomia di responsabilità, di autonoma capacità assembleare ed economica dell’associazione parallela collegata a quella principale».
E che dire, poi, delle denunce avanzate da parlamentari ed economisti del gruppo Il Cantiere, a cominciare da Sylos Labini, «di aperta critica all’atteggiamento di Di Pietro sulla vicenda della spartizione della quota di rimborso elettorale quale provento derivante dalle casse dello Stato. Con reiterato invito “negoziale” a ritrovarsi “intorno al tavolo delle trattative” ove pacificamente (?) procedere alla spartizione del fondo comune Idv siccome incrementato del solo bottino elettorale (per citare Giulietto Chiesa) non avendo l’associazione altro tipo di entrate».

La sintesi è affidata ancora al pensiero di Donnici: «È strano che colui che ha scardinato il sistema del finanziamento illecito ai partiti, oggi gestisca in modo autonomo i cinque miliardi l’anno delle vecchie lire che ci spettano di diritto, che spettano a Occhetto e a Giulietto Chiesa, alle sedi regionali. Ci spettano novemila euro di contributo per me e per la Calabria, il rimborso invece lo incassa il partito nazionale. Perché?».
gianmarcochiocci@ilgiornale.it

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