da Roma
La sfida elettorale è già bella e che iniziata. Ma i canali tra le due leadership avversarie, cementati negli ultimi mesi di «dialogo» sulla riforma e nei giorni di reciproca consultazione durante laccelerazione della crisi, sono ancora aperti.
E dunque Walter Veltroni era già stato messo al corrente, con largo anticipo sulle prime voci giornalistiche, della svolta che stava maturando in casa berlusconiana. Una svolta che, pubblicamente, il leader del Pd provvede subito a minimizzare: è «solo maquillage», dice, «il problema non è mettere un ombrello sopra a tutto per nasconderlo, ma fare scelte, avere il coraggio di cambiare: non conta il vestito ma la sostanza». E rivendica: «Noi il coraggio di cambiare lo abbiamo avuto, una scelta la abbiamo fatta, il centrodestra ancora no».
Proprio ieri, infatti, il Pd ha sancito il divorzio consensuale dalla Cosa rossa: «Con grande rispetto, ci siamo detti che è giusto che ciascuno faccia la sua strada», ha annunciato Veltroni al termine dellincontro con Giordano e gli altri leader «arcobaleno». Anche lipotesi di «desistenze tecniche» è archiviata: daltronde, spiegava già il giorno prima Giordano, «rischia di essere solo controproducente». Anche perché lipotesi del Pd era che la Cosa rossa non presentasse le sue liste nelle regioni in cui il premio è in bilico, come la Liguria o la stessa Emilia.
Veltroni ha spiegato ai suoi che si guarderà bene dal fare una campagna elettorale «contro o su Berlusconi», e quindi eviterà di rinfacciare più di tanto la «mossa frettolosa» al suo competitor. Ma vuole che sia chiaro che è stato lui, stavolta, a «dettare lagenda», e laltro a «inseguire». «È incontestabile che dal momento della sua discesa in campo Veltroni è riuscito a rimettere in moto lintero quadro politico», constata il parlamentare Pd Giachetti.
Qualche preoccupazione la mossa del Cavaliere però la causa. Intanto perché spunta uno degli argomenti forti della campagna elettorale, limmagine di Veltroni solo da una parte (anche lipotesi di alleanza con Di Pietro ormai è a rischio) e quella di Berlusconi con il suo carrozzone di alleati dallaltra. Ma soprattutto, dal punto di vista elettorale, il listone Forza Italia-An più frattaglie rischia di partire assai avvantaggiato nella gara per piazzarsi a primo partito dItalia. E, in coalizione con la Lega, di aggiudicarsi il premio di maggioranza alla Camera e in molte regioni quello al Senato.
Però la semplificazione a destra offre anche un vantaggio: «Così - spiega il costituzionalista Stefano Ceccanti, tecnico elettorale veltroniano - la partita diventa sempre più chiaramente a due: Veltroni contro Berlusconi». In uno scenario, dice, che ricorda quello del testa a testa Dc-Pci del 1976: «Se si innesca il meccanismo del voto utile, diviso tra Pd e Pdl, gli altri serbatoi elettorali si svuotano, e per noi sarà più facile drenare voti dalla Cosa rossa».
In fondo, dicono dal loft, Berlusconi «è venuto sul nostro terreno». Non a caso ieri lo stratega veltroniano Goffredo Bettini benediva la possibile «liberazione» del Cavaliere dai «lillipuziani»: «Sarebbe meraviglioso, una specie di rivoluzione democratica, se ci fosse un confronto chiaro tra due leader diversi, ma entrambi autorevoli, liberi e coraggiosi». E Berlusconi, aggiungeva, «è uno a cui piace rischiare».
E un buon amico del leader Pd come Peppino Caldarola applaude: «Bravo Cavaliere, in due ore ha messo allangolo sia Fini che Casini: è la vittoria del lavoro sulla rendita, del capitalismo sulla vecchia aristocrazia agraria...».
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