Nei telegiornali dellaltra sera, persino quelli delle reti di Berlusconi, persino quelli della Rai «occupata militarmente con un summit a Palazzo Grazioli», persino quello di Minzolini classificato come «sovietico» da un intenditore dellaggettivo come Massimo DAlema, non gli era andata malissimo. Il suo spaziettino in video e in qualche caso anche in voce, dopo decine di minuti di Berlusconi e Obama e di Carlà e Michelle, Walter Veltroni se lera conquistato. E non stiamo a guardare il capello, e cioè il fatto che - da sempre - le apparizioni televisive di George Clooney fanno rizzare gli istogrammi e le curve dellascolto nel pubblico femminile. Walter era lì con George e tanto era bastato a conquistarsi la sua dichiarazione, il suo spazietto, quei pochi secondi di video che solitamente sono appannaggio di Daniele Capezzone, Massimo Donadi o Michele Vietti.
Oddio, limpressione dellimbucato - di quello che era andato fra i terremotati in qualità di «co-presidente del segretariato permanente dei summit dei premi Nobel per la pace», definizione troppo lunga perché possa contare davvero qualcosa, per avere un suo spazio nel giorno del trionfo del Cav - era netta. E non riusciva a mitigarla nemmeno il fatto che il bel George e il buon Walter siano accomunati dallappartenenza al mondo del cinema, uno come premio Oscar nel 2006, laltro come licenziato dallistituto professionale di Stato per la cinematografia e la televisione di Roma nel 1973. Fra laltro, accomunati anche dalla sezione di competenza: George come miglior attore non protagonista, Walter come non protagonista e basta.
Però, per lappunto, nonostante tutti i nonostante, Walter il suo spazio nei tiggì se lera conquistato. E tanto bastava. Il trionfo sarebbe arrivato il giorno successivo, con i giornali, lorgano del «cosiddetto ceto medio riflessivo, quelli dei girotondi per intenderci», quello che Walter ha sempre rincorso e coccolato, quello che proprio nelle stesse ore Massimo DAlema a Forlì bollava come sopravvalutato in un comizio in una festa periferica: «Andando dietro a loro, abbiamo perduto la capacità di parlare col ceto medio produttivo». E se cè unelevazione a potenza del concetto di «ceto medio riflessivo» e di popolo veltroniano, ecco quello è il lettore di Repubblica.
E invece. Invece ieri mattina, in edicola, la triste sorpresa. Tanto spazio alla visita di George Clooney a SantEusanio Forconese, titoloni, foto, sommari e sommarietti. Per molti, anche per una vigilessa abruzzese, ma non per tutti. Non per Walter, ad esempio, completamente sparito da titolazione e fotografie della pagina. A differenza dei tiggì «di regime», i redattori del quotidiano di Ezio Mauro non hanno ritenuto l'ex leader del Pd meritevole di essere gratificato di particolari spazi o rilevanza fotografica. E anche nell'articolo non è che gli vada benissimo: la sua apparizione avviene solo al terzo capoverso, dopo raffiche di Clooney, e anche la prosa dedicatagli, nonostante un bel quadretto familiare, non è delle più dolci: «George - spiega Walter Veltroni che lo accompagna nella visita...». Senza nemmeno la gratificazione della qualifica di «co-presidente del segretariato permanente eccetera eccetera».
E subito dopo il povero Walter è accomunato nella qualifica di «accompagnatore» anche allaltro attore brillante Bill Murray, una specie di via di mezzo fra Clooney e Veltroni, e al sindaco dellAquila Massimo Cialente. Insomma, Walter come Cialente. Su Repubblica.
E non è che sul sito - su quella «Repubblica.it» che ci ha mostrato tutta la DAddario minuto per minuto e tutta la Montereale scollatura per scollatura - vada poi tanto meglio. La visita del tandem Clooney-Veltroni si conquista sì una fotogallery di 22 immagini. Il problema è che le prime sette, quelle che di solito superano il tetto dell'attenzione dei navigatori, sono tutte per George e per vedere Walter (co-non protagonista) occorre arrivare allottava, in posa plastica davanti al Palazzo del governo crollato. Due o tre clic in più e rispuntato i soliti Cialente e Pezzopane. Anche stavolta equiparati al povero Walter.
In compenso, però, il Walter sparito dalle cronache aquilane e dimenticato dalledizione nazionale di Repubblica, furoreggia sulle pagine della cronaca di Roma.
«Io non ricordo», sintitola. Appunto.
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