Un gioco dove si sa già chi vince: non c’è niente di più patetico. Il candidato Walter però lo trova molto divertente, visto che a vincere sarà lui. Un’occasione come questa la sognava da sempre: una cosa all’americana, con un sacco di gente che si mobilita e si sbatte per mettere in piedi la grande gara, una gara limpida e leale, perché nemmeno i più biechi taroccamenti riuscirebbero a spostare il risultato. Poi, alla fine della lunga messinscena, la proclamazione del vincitore, in un tripudio di coriandoli e stelle filanti: un carnevale, il memorabile carnevale del candidato Walter.
Per farlo felice, è prevista una trama del genere preferito: fiction. A sfondo sentimentale. Con tante concessioni alla passione e alle cose migliori della vita. Persino a Milano, che non è esattamente un feudo suo: persino qui si gioca sapendo già chi vincerà. Bar e ristoranti che si trasformano in seggi, camper e gazebo piazzati sui marciapiedi. Anche se la città della moda e degli affari ha tutt’altro per la testa, esempio l’elezione di Kakà a Pallone d’oro, le primarie devono tenere banco. L’attesa? Spasmodica. La tensione? Come no: si taglia a fette. Così sogna il vincitore, prima di sfilare come un pavone al centro della scena, liberando la gioia dopo il grande stress della vigilia. Vuoi mettere lo stress di vedere se sarà 99 o 100 per cento?
Perché il candidato Walter sia felice, quest’oggi il ristorante «Tempio d’Oro», appena dietro la stazione Centrale, non chiude. Data l’importanza dell’evento, apre come seggio. A suo modo, sta diventando un santuario profano della sinistra «in progress»: già all’epoca si era riciclato per le altre primarie incertissime, quelle che portarono a Prodi candidato dell’Ulivo. Stavolta, tavoli sparecchiati per Walter. Spiega una cameriera perfettamente istruita: «Si vota dalle sette di mattina. Qui devono venire quelli che solitamente votano nelle scuole di via Venini. La cucina sarebbe chiusa, ma il titolare ha detto che qualcosa comunque prepareremo». Fuori dall’uscio c’è una signora che chiede informazioni. Sul voto e sul menù. Chiedo io a lei: chi vince? Sguardo sbalordito e affranto sulla mia pochezza: «Scusi, ma chi vuole che vinca, Signur». Vado fino in fondo: Letta? «Ma va là, ha voglia di scherzare...».
Il viaggio nella vigilia febbrile dell’evento storico, così come l’ha sempre sognata il candidato Walter, prosegue davanti alla saracinesca calata di Corso Garibaldi 75. È la famosa sezione Aniasi dei diesse. Solo uno schermo televisivo avverte che c’è il voto. Il segretario Stefano Draghi, raggiunto al cellulare, spiega la strategia di giornata: «Il seggio lo apriamo alle sei e mezzo del mattino: in fondo, basta montare due scatole di cartone. In queste ultime ore ci dedichiamo ad altro. I militanti sono tutti fuori, nei gazebo, a fare promozione. Perché qui il vero dilemma non sta nel vincitore, ma in chi va a votare. Con l’aria che tira, con questa antipolitica dilagante, nessuno sa dire come finirà: può anche essere che diventi uno stimolo a riscoprire la buona politica. Ma non nascondo che potrebbe pure succedere il contrario...».
Non sia mai che questa ipotesi sventurata si abbatta sulla grande fiction di Walter. Quattro gatti per il suo carnevale. C’è un rischio da evitare a qualunque costo: contare i votanti e scoprire che sono meno di tutte le belle gioie reclutate nei salotti e in terrazza, sempre con una rigorosa attenzione al Dna rivoluzionario dei prescelti (non a caso, la Parietti si è molto risentita quando Walter ha chiesto l’adesione di Afef Tronchetti Provera: cosa c’entra lei con la sinistra, ha chiesto giustamente la soubrette dall’alto del suo vissuto alla catena di montaggio).
No, le ultime ore vanno sfruttate: tutti diventano buttadentro per il festone di Walter. Non si lesinano gli sforzi, per la sua felicità. In fondo alla passeggiata di via Dante, davanti al gazebo, Matteo Cazzulani sta volantinando. Ha 23 anni e studia lingue slave. Iscritto diessino. È qui in perfetta buona fede, mosso da granitici ideali: sul suo conto, neppure la commissaria Parietti avrebbe da eccepire. «Come giovane - dice - credo molto nel nuovo partito. Avrà uno sguardo democratico sul mondo, sempre a difesa dei diritti civili e della democrazia...». Va bene, va bene: ma il suo voto a chi? «Naturalmente sto con Veltroni». E c’era bisogno di tutto questo ambaradan, per scoprire che lo volete segretario? «Guardi che c’è molta incertezza, a livello regionale. Siamo curiosi di vedere chi la spunterà tra i Lerner, le Pollastrini, le Moratti...». Poi mi confeziona una frase adeguata all’altezza del momento: «Vogliamo costruire un partito nuovo, non un nuovo partito».
Il ragazzo la sa lunga. Veltroni ha questa fortuna: mentre lui va in giro a reclutare le Eveline Cristillin, che in vita loro hanno frequentato solo consigli di amministrazione e organizzato Olimpiadi a spese della collettività, nelle piazze si battono a costo zero, spendendo molto di sé, questi italiani di nuova generazione, che ancora ci credono. E gli credono. Dalle sei e mezza di questa mattina, Matteo sarà nel gazebo davanti alla stazione Cadorna, presidente di sezione. «Mi godo l’esperienza. Sarà emozionante. Dovrò essere molto concentrato. È una data storica».
Una data storica per Matteo, una data storica per Walter. Forse, più per Matteo che per Walter. Matteo ancora sogna le cose più alte per il domani, Walter sa già lucidamente quel che vuole per oggi. È tutto previsto nei dettagli. Stasera monterà la faccia tesa dell’attesa, annuncerà di voler aspettare i risultati prima di commentare, quindi leggerà i dati e tirerà un grande sospiro di sollievo, sciogliendosi amabilmente in un sorriso liberatorio. Quindi, trionfalmente si concederà alla sua gente, rivolgendo però un saluto caloroso e fraterno agli antagonisti di questa competizione durissima, piena di colpi bassi e di carognate, soprattutto di furibonda dialettica politica.
Cristiano Gatti
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