da Roma
I segnali, dicono in casa veltroniana, c’erano già stati, sia pur sottotraccia. Già una settimana fa il plenipotenziario del sindaco di Roma Goffredo Bettini e l’ambasciatore berlusconiano Gianni Letta si erano parlati. Nessuno però si aspettava l’uscita a sorpresa di Berlusconi, e l’improvvisa apertura a un dialogo sulle riforme. Non così presto almeno.
Veltroni assicura che il «nuovo partito» lanciato da Berlusconi è «il riconoscimento della sconfitta» sulla «spallata», e l’inseguimento del modello Pd. Ma intanto dal loft veltroniano arriva una constatazione soddisfatta: «Era chiaro che non si sarebbe fatto fregare da Casini e Fini, e che si sarebbe ripreso in fretta il centro della scena», dicono. E il veltroniano Caldarola liquida i due aspiranti delfini del Cavaliere con una battuta fulminante: «Sembrano le controfigure di Carlo d’Inghilterra», sempre in attesa di ereditare.
Fino a ieri, in verità, il centrosinistra era tutto intento a spargere sale sulle ferite della Cdl, a congratularsi della mancata spallata in Senato e a denunciare l’ «isolamento» del Cavaliere. Con il segretario del Pdci Diliberto che solitario li invitava a stare in guardia: «Suggerirei anche i suoi alleati a non dare per morto Berlusconi, perché sembrava morto anche prima delle elezioni del 2006. È più tosto di quanto pensino».
La mossa a sorpresa di Berlusconi piace al senatore Giorgio Tonini, ascoltato consigliere di Walter Veltroni e membro dell’esecutivo del Pd. «Col suo rilancio si riapre il confronto. E noi abbiamo tutto l’interesse ad avere un dialogo con tutta la Cdl e non solo con dei pezzetti. Perché al dunque le carte vere per arrivare a un accordo sulla legge elettorale le ha Berlusconi». La riforma che ha in testa il leader del Pd, e sulla quale vuole cercare l’intesa con il leader di Forza Italia, è una riforma che salvi il bipolarismo e premi «chi si federa e costruisce grandi partiti». E su questo Veltroni è convinto che le principali forze, ossia la sua e quella di Berlusconi, possano trattare, «senza confondere il piano del governo con quello delle riforme», avverte Tonini. Come fa invece chi, da D’Alema a Rutelli, persegue la strada «realistica» di quel sistema tedesco che piace a Rifondazione e all’Udc. Una strada che parte dal tentativo di «allargare la maggioranza dividendo il centrodestra», ma rischia di portare a un sistema elettorale che perpetua trasformismo e ingovernabilità. Ora, osserva Tonini, «con Berlusconi in campo diventa più difficile perseguirla».
I veltroniani dunque sperano molto nello «sparigliamento» berlusconiano, anche se invitano alla prudenza: c’è ancora tempo prima che la discussione sulle riforme entri nel vivo. Contando però su un fatto «inaggirabile»: il referendum, che costringerà tutti ad affrontare la questione. E che in fondo solo Pd e Fi non temono.
Ma c’è anche chi è convinto che non sarà Walter l’interlocutore del Cavaliere: «Prodi e Berlusconi si alimentano a vicenda. E secondo me il capo della Cdl, visto che la spallata non riesce e che l’ipotesi di un governo “istituzionale” non gli piace per nulla, questa partita se la giocherà con il premier, anche sulle riforme. Loro due si ripigliano la scena e mettono all’angolo Casini, Fini e anche Veltroni, che Berlusconi ha tutto l’interesse a far logorare». Dello stesso parere è il mastelliano Fabris, secondo il quale «una volta rassicurato sulla sopravvivenza del governo, Prodi non ha alcuna intenzione di mollare a Veltroni la partita delle riforme: sarà lui a cercare di fare un contro-patto generazionale, con Berlusconi».
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