Veltronomics strategia

Cerchiamo di mettere a fuoco due punti del progetto economico delineato da Walter Veltroni: tasse e sviluppo. Sulle tasse, ha detto: «Pagare meno, pagare tutti». È la stessa formula di Romano Prodi e Padoa-Schioppa; anzi, la stessa di Vincenzo Visco. Tutti promettono, grazie ad essa, una riduzione graduale delle tasse. Ma nasconde un equivoco. Per un ragionamento molto semplice. Poniamo che la somma totale che lo Stato incassa grazie al prelievo fiscale sia uguale a 1000 e che i contribuenti siano 100: ciascuno di essi paga mediamente 10. Se i contribuenti fossero 125, ciascuno di essi pagherebbe 8. Ecco in quale modo - secondo la sinistra - avverrebbe la riduzione della pressione fiscale. Niente affatto: perché rimarrebbe invariato il totale di 1000, cioè il prelievo complessivo dello Stato.
Ne deriva che la visione del ruolo dello Stato che Veltroni ha illustrato al Lingotto non differisce in niente da quella del resto della sinistra. La formula «pagare meno, pagare tutti» non contraddice quindi, come crede Veltroni, la cultura della sinistra che si riassume nello slogan «tassa e spendi». Il punto è che lo Stato deve ridurre il volume globale dei suoi introiti attraverso un salto di qualità nella efficienza dei servizi che rende alla società. Il Servizio sanitario statale costa ormai 100 miliardi di euro: una cifra enorme cui non corrisponde la qualità del servizio, cui deve aggiungersi una quota rilevante che i cittadini spendono di tasca propria quando vogliono ridurre i tempi di attesa sulle varie prestazioni (tralasciamo la qualità di queste). La novità sarebbe stata quella di dire: sanità, scuola, giustizia devono rispondere a certi parametri, e chi non li rispetta va a casa. Ma i sindacati - come ha ricordato qualche giorno fa Luca Cordero di Montezemolo - si sono arroccati nella Pubblica amministrazione e, come ripete Pietro Ichino, quasi sempre difendono i fannulloni o gli incompetenti. Eppure Veltroni li ha definiti «protagonisti di un nuovo patto». Senza però scendere in dettagli.
Veniamo allo sviluppo. Il futuro leader del Partito democratico ha proposto di riorganizzare il sistema produttivo in funzione della salvaguardia dell'ambiente, concentrandosi soprattutto sull'energia. Prospettiva affascinante di un mondo pulito. Ma, o ammette che questa rivoluzione sarà fatta dal mercato, con graduali conversioni delle aziende, e con l'apporto di un impulso organico da parte dello Stato, Europa permettendo, o dice che un passaggio accelerato a un sistema produttivo ecologico costringerebbe moltissime aziende a sospendere la produzione e licenziare in massa. Con mestiere, ha raccolto applausi con la battuta sulla Tav e sull'inquinamento che produce il traffico automobilistico: ma c'è da chiedergli che cosa ha fatto, in sei anni, nella sua Roma per renderla una città pulita ed ecologica. Alcune centinaia di taxi in più non risolvono il problema. È solo da prevedere che nei prossimi mesi farà riasfaltare molte strade e le farà pulire per ripetere l'operazione che il Pci fece con Bologna.
Veltroni non ha esposto una visione economica, come confermano i commenti dei grandi giornali «amici»: giudizi positivi, ma nessun entusiasmo.

Egli ha fatto un lungo spot pubblicitario per il nascituro Partito democratico, ma è rimasto prudentemente attaccato alla sedia di sindaco di Roma. Perché alla fine si è capito che è stato obbligato in fretta e furia a lasciare la panchina e scendere in campo per ridurre la pressione sul governo delle sinistre e fargli guadagnare tempo.

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