da Milano
A Natale erano perfettamente calati nel clima, a Capodanno avrebbero benissimo potuto brindare assieme. È con la Pasqua che tutto è precipitato, e che i due, Silvio Berlusconi e Walter Veltroni, son tornati allantica e reciproca antipatia.
Lo hanno fatto con toni da amore tradito, a rileggerne le dichiarazioni, disillusi come disillusi possono essere solo due che ci avevano creduto davvero. Veltroni, lavversario ha smesso persino di nominarlo, dopo aver lamentato: «Mi aggredisce». Berlusconi invece ha preso a citare frasi struggenti: «Nella sua trappola ci son caduto anchio», alla Cocciante, e credevo fosse amore «e invece era un bluff». Chi abbia tradito per primo non è più dato sapere, i due si rinfacciano la crisi a vicenda, dice Walter che è tutta colpa di Silvio che è voluto tornare a votare, dice Silvio che Walter lo voleva ingannare con la storia del facciamo un governo breve, variamo le riforme e poi ti giuro che torniamo a votare, ma vatti a fidare. Era iniziato tutto sul finire del 2007. Intorno si profilavano macerie, gli organismi internazionali a segnalare uneconomia al tappeto, il governo Prodi in caduta libera. Loro avevano individuato una comune parola dordine: dialogo. Per portarlo avanti avevano superato i mille ostacoli posti dai rispettivi alleati, tutti a gridare allinciucio ma loro a insistere, Silvio che incoraggiava Walter, «spero abbia la forza di non farsi condizionare dai suoi», Walter che i suoi li rassicurava così: «Sto attento a Berlusconi, ma lintesa con lui è indispensabile».
Subito dopo erano venuti i tempi delle alleanze, e allora era stato Veltroni a esortare Berlusconi: «Io corro da solo, abbi il coraggio anche tu». E così Veltroni spiegava a un popolo di elettori unito solo dallantiberlusconismo che lantiberlusconismo non esiste più, signore e signori, Berlusconi non è il nemico, mettetevelo in testa. E Berlusconi dava atto allavversario del coraggio, «quello che sta facendo di buono è mettere da parte la sinistra estrema».
E insomma idillio. Dicembre, gennaio, febbraio, marzo. Una noia, il Veltrusconi. Ai rispettivi consiglieri del marketing elettorale che li invitavano a scornarsi un po di più avevano concesso ben poco. «Consiglio al mio avversario di non affaticarsi e di non prendere freddo durante il tour dellItalia in pullman», punzecchiava Berlusconi; «lo ringrazio per la premura, è lo stesso consiglio che mi ha dato mia nonna, starò attento» sorrideva Veltroni. Piccole schermaglie, dai candidati del Pd che secondo Berlusconi «sono come il bikini, lasciano scoperto molto ma coprono le parti essenziali che sono il 70 per cento dei ministri, viceministri e sottosegretari del governo Prodi», al «Berlusconi è vecchio sia per età anagrafica sia perché si candida premier per la quarta volta», fino allepico veltroniano: «Non attaccherò mai Berlusconi».
Un mese dopo è tutto finito. È Pasqua, lo spartiacque. Era il 25 marzo quando, dalla Sicilia, sono arrivati i macigni di Veltroni: il Cavaliere «vìola le regole del gioco con le sue tv», dice «balle» su Alitalia e cose «inaccettabili» sui precari. Il giorno dopo tocca a Berlusconi da Viterbo attaccare, dalla «ricetta stalinista» ai «sondaggi falsi» del Pd passando attraverso «Di Pietro che mi fa orrore». Da allora i due leader si rinfacciano cose pesanti. Berlusconi attacca il Pd per il rischio brogli. Veltroni critica il Pdl sulla lotta alla mafia. Berlusconi dà del «comunista riciclato» a Veltroni.
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