Urla, minacce, insulti («pezzi di m...»). Così ieri mattina alle 11 la libreria Cusl all’interno dell'Università Statale alla fine ha dovuto abbassare la saracinesca per evitare guai peggiori. Motivo dell’assalto: l’arresto per rapina di cinque militanti anarchici e dei centri sociali, catturati venerdì mattina dai carabinieri del Nucleo Informativo. Alla base dell’arresto dei cinque c’è un episodio avvenuto il 3 ottobre proprio all’interno della libreria, quando un gruppo di autonomi aveva fotocopiato seicento fotocopie di un volantino e al momento di pagare il conto avevano riempito di botte cassieri e commessi. Da qui la denuncia, gli arresti, il corteo di protesta di venerdì sera. E la vendetta di ieri mattina.
L’irruzione avviene intorno alle 11, ad opera di una ventina di giovanotti, tutti o quasi tutti frequentatori della Statale. La libreria dove avviene l’irruzione, la Cusl, è legata a Comunione e liberazione: e questo, agli occhi dei centri sociali, è un’aggravante dell’infamia commessa sporgendo denuncia. Gli autonomi entrano in libreria, cominciano a ribaltare libri e a insultare. Lasciano copie di un volantino dal testo decisamente esplicito: gli arrestati vengono definiti «cinque studenti che non hanno mai smesso di portare dentro l’università un agire critico verso l’esistente e la sua miseria», la Cusl viene definita una «libreria cattomafiosa o cartoparrocchia legata a Cl». In un altro manifesto, affisso nei giorni scorso, i compagni degli arrestati si spingevano ancora più in là, indicando con nome e cognome i responsabili della libreria che avevano firmato la denuncia.
«Non ci soffermiamo - dice ancora il volantino diffuso ieri - a discutere della possibilità che sia avvenuta o meno questa rapina o della sua definizione in quanto tale, ma riconosciamo il clima nel quale si sono svolti questi arresti: la repressione sistematica di qualunque dissidenza per mantenere la normalità e l’apatia dominanti dentro l’università quanto fuori di essa». «L'evidenza della catastrofe è dover giustificare il fatto di non avere pagato delle fotocopie mentre i nostri cinque compagni si trovano in carcere».
In realtà, quasi tutti gli arrestati hanno ottenuto da subito i «domiciliari». A trovarsi in carcere è solo uno degli arrestati: Valerio Ferrandi, una lunga serie di denunce alle spalle, riconosciuto alla testa dell’«esproprio proletario» delle fotocopie.
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