Roma La vera satira è andata in onda l’altroieri, nella puntata «riparatrice» di Annozero. Perché in fondo fa ridere, questo sì, che la punizione si sia trasformata in premio. Fa ghignare che la bacchettata si sia tramutata in una medaglia di (Sant)oro.
A torto o a ragione, si decide che il vignettista Vauro debba essere sospeso per quelle vignette di pessimo gusto, vergate a macerie ancora calde? Chissenefrega: Vauro ci sarà, sarà presente anzi, presentissimo, più presente di prima. Di solito relegato in coda, a riempire con i suoi schizzi gli ultimi secondi di trasmissione, il bocciato toscanaccio di Pistoia è stato promosso e ricompensato con un intervento di cinque minuti nella parte centrale della trasmissione. Da comparsa a protagonista assoluto, pur godendosi una vacanza in quel di San Pietroburgo. Un po’ come se il presidente di una squadra di calcio volesse punire un giocatore mandandolo in campo in zona Cesarini e l’allenatore invece lo facesse giocare fin dal fischio d’inizio.
Vauro c’è, resta: un vero e proprio dinoVauro che non si estingue però. Ed è satira vera se il «reo», punito solo sulla carta per aver offeso trecento poveri cristi rimasti intrappolati sotto i detriti delle proprie case, si pente dicendo: «Rifarei tutto, pure la vignetta sulle bare».
Senesi c’era eccome l’altra sera, a dispetto del direttore generale della Rai Mauro Masi, del presidente Paolo Garimberti e di tutti vertici della tv di Stato. A scartabellare i suoi capolavori la comica Francesca Fornario, autrice di una telefonata immaginaria con il disegnatore. Il quale aveva già preparato i suoi dardi: frecce avvelenate anche questa volta.
I suoi obiettivi, nella settimana di Pasqua, non potevano che essere i cattolici, sbeffeggiati nella serie dei quindici disegni sulla via crucis del precario, sciorinati dalla facente funzioni Fornario. A suon di «Cireneo del cazzo» e di «Ti licenzio a calci in culo» Vauro ha potuto, blasfemo qua e là, punzecchiare ancora una volta la sensibilità dei cattolici. Tra il lavoratore inchiodato e lo sboccato soldato romano non poteva certo mancare l’insulto a Berlusconi e alla sua famiglia. Ma questa è quasi prassi e oramai non fa ridere più nessuno. Meglio pestare duro sui credenti. D’altronde al vendicativo Vauro non dev’essere andata giù la «scomunica» dell’arcivescovo dell’Aquila Giuseppe Molinari che aveva osato criticare le sue bozze post sisma, in nome di una pietas tutta cristiana.
Il geniale aggiramento della sospensione forse ha dimostrato che la toppa della punizione è peggio del buco dell’infrazione ma tant’è. Sta di fatto che l’escamotage santoriano con cui si sono accesi i riflettori sul comico a cui invece era stata imposta l’ombra, tuttavia, non è stato capito da molti, specie tra i tifosi di Senesi & C, desiderosi di farne un martire, un San Sebastiano vittima della censura di regime.
Ed è satira vera che anche ieri siano proseguiti i sit-in di solidarietà a Vauro davanti ai cancelli di viale Mazzini.
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