Vendette, incesti, morte I Borgia della tv sono un circo splatter

L’alibi c’è tutto, altroché. I Borgia sono stati la più spregiudicata e libertina famiglia del Rinascimento italiano, capaci di conquistare con ogni machiavellismo il trono papale nell’Italia dei Medici e di Savonarola, di Cristoforo Colombo e Leonardo da Vinci. Roba che le varie cricche di oggi sembrano mammolette in cerca d’autore. «I Borgia - ha detto il creatore della serie Tom Fontana (A cuore aperto, Homicide, Oz) - sono l’equivalente delle famiglie mafiose: le dinamiche e le motivazioni sono le stesse. Quello che ho cercato di fare è stato rendere i personaggi il più possibile contemporanei». E va bene, tutto vero. Però, ci sarà anche un limite agli effetti viscerali, ai colpi allo stomaco...
Vedendo i primi due episodi della nuova serie che Sky Cinema trasmetterà stasera come assaggio dell’intera storia prevista in autunno, si ha l’impressione che a Fontana sia un po’ scappata la mano. Impressionare, scandalizzare sembra l’obiettivo premeditato de I Borgia, con i suoi 30 milioni di budget la più costosa serie europea, destinata a battere anche i record granguignoleschi dei Tudors e Spartacus. Qui, tra cruente vendette, incesti, nudi maschili integrali, giustizie di piazza e sesso esplicito, non si sfugge a nulla. Il sangue scorre a fiumi, tra fattucchiere e riti propiziatori d’improbabili guarigioni, papi moribondi allattati come poppanti, tresche di ogni genere rese più piccanti da brame di potere e lussuria... Probabilmente i telespettatori rimarranno «incollati alla poltrona», come si dice. Ma non si sa se per la curiosità di vedere come va a finire. O perché atterriti dagli incombenti intrighi che Rodrigo Borgia, futuro papa Alessandro VI, ordisce con ogni mezzo ai danni di chiunque ostacoli i suoi piani.
Nella Roma di fine Quattrocento, i palazzi vaticani di Innocenzo VIII sono un verminaio di lotte intestine tra le casate dei Colonna, degli Orsini e, appunto, dei Borgia. Per giunta l’Italia rinascimentale è divisa in dieci stati, dilaniata dalla rivalità tra Milano e Napoli e soprattutto minacciata dall’invasore musulmano. Ma a dominare la scena è Rodrigo Llançol, spregiudicato e vorace vice-cancelliere e arcivescovo di Valencia, nonché padre, tra gli altri, di Cesare, Giovanni e Lucrezia, dissoluti e assetati di potere quanto lui. Così, facendo leva sulle loro ambizioni, Rodrigo li muove come pedine per espandere la propria influenza sulle monarchie italiane ed europee. E soprattutto per scavalcare gli ostacoli che si ergono sul suo cammino verso il soglio pontificio: le sue stesse origini spagnole e le ambizioni di Giuliano Della Rovere, ostinato rivale. Roma diviene il teatro delle ambizioni di Rodrigo, percorso dagli scandali, dalle cospirazioni e dal nepotismo più brutale in un crescendo di matrimoni combinati, compromessi, duelli al coltello, talami bollenti e minorenni corrotte con gioielli e regalìe.
Girato con ambizioni cinematografiche, sfarzo di scenografie e costumi e un cast studiatissimo (John Doman è il diabolico Rodrigo Borgia, Mark Ryder suo figlio Cesare, Isolda Dychauk interpreta Lucrezia), la serie è purtroppo destinata a far discutere più per gli eccessi di cui è trapuntata che per la qualità narrativa o per la capacità di soddisfare un certo interesse storico. Dopo poche scene, i sofisticati machiavellismi cedono la ribalta alle tumefazioni e agli incesti. E la ricostruzione d’epoca allo scandalismo in costume.

E il pubblico? Sconsigliato agli stomaci deboli, I Borgia attrarrà i telespettatori che hanno sostituito il voyeurismo alla curiosità e che, ormai avvezzi ad ogni esagerazione, sono alla ricerca di scariche di adrenalina crescenti.
Qui troveranno il voltaggio che cercano.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica