Venerdì di blocchi e disagi: 1.500 taxi in marcia su Milano

Dopodomani assemblea nazionale di categoria: previsto un corteo di auto

Sono partiti ieri notte, il tempo di vedere Italia-Germania e via, per un viaggio lungo una notte. Quello dei tassisti milanesi diretti a Roma, dove oggi si terrà un incontro nazionale. Sei pullman e circa duecento auto partite dal piazzale dello sport e che a Roma si uniranno alle altre arrivate da tutta Italia. Una scena che si ripeterà venerdì, questa volta a Milano: «Abbiamo organizzato un’altra assemblea nazionale dei tassisti - ricorda Raffaele Grassi del Satam, il sindacato con più iscritti in città -. Sul piazzale dello sport convergeranno 1.000-1.500 taxi di tutto il nord Italia, oltre ai nostri 4.800».
Si protesta con l’orecchio teso a quanto succede a Roma. Dal ministero dello Sviluppo è arrivata un’apertura al dialogo. «A dirlo è stato il capo della segreteria tecnica del ministro Bersani, lo stesso che prima delle elezioni aveva assicurato che la liberalizzazione delle licenze non ci sarebbe stata...» si arrabbia Salvatore Luca dell’Unione artigiani, altro sindacato dei tassisti.
I conducenti, ieri, sono tornati a chiedere un intervento di Roberto Formigoni. Tocca al Pirellone, infatti, decidere sulle licenze nel bacino racchiuso fra i tre aeroporti lombardi di Malpensa, Linate e Orio al Serio, bacino che comprende anche Milano. Dalla Regione filtrano solo indiscrezioni, c’è la disponibilità ad aprire un tavolo di confronto con i tassisti ma solo se finiranno gli scioperi selvaggi.
Non succederà a breve, a sentir loro. Ieri mattina, a Linate, in centinaia si sono ritrovati per l’assemblea. I più sono decisi ad andare avanti: «Ormai questa settimana di lavoro è persa, aspettiamo lo sciopero nazionale di martedì» si sente ripetere. Potrebbe esserne aggiunto un altro, il 18 luglio. «Ma questo lo decideremo a Milano, venerdì» ricorda il Satam.
Alfonso Faccioli, sindacalista del Cat, dà la carica: «Non possiamo mollare adesso, noi abbiamo accesso la scintilla, ora ci seguiranno farmacisti e panettieri. Sogno che vengano a portarci il pane ai picchetti!». Scatta l’applauso.
«Bersani cancelli il decreto, se no di qua non ci muoviamo» arringa Faccioli. «Ma se l’ha approvato il tuo partito», urla un tassista con la maglietta blu, subito zittito. Non è l’unico a pensarlo. Tra i conducenti c’è chi rimprovera a Faccioli, il più ascoltato tra i sindacalisti, di essersi candidato alle ultime elezioni comunali con l’Ulivo. «Ha perso credibilità e non è nemmeno stato eletto...» insiste il contestatore. Faccioli non è pentito: «L’ho fatto per avere più visibilità e forza - racconta nel suo taxi, una Punto bianca, gettando il megafono sul sedile -.

I fischi? Nel 2002 mi seguivano in 200 e uno mi fischiava, oggi ne ho 2mila con me, che cosa vuol dire se in tre mi fischiano?». Ma Bersani è dell’Ulivo. «E io lo contesto - ribatte il sindacalista -. Nella Margherita, il mio partito, a molti la liberalizzazione non piace. Io sono un tassista e vado contro chi ci vuole rovinare».

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