La «Venere coi baffi» fa divertire Genova

La «Venere coi baffi» fa divertire Genova

«Vivere o sognare? Questo è il problema! Meglio vivere con l'ansia che un giorno i Rom si piazzino a De Ferrari o sognare che l'assessore Scidone la smetta di fare belinate con il traffico?»: questo il dubbio amletico del «presidente della Regione» Edoardo Quistelli, che si cala nella parte e di beige vestito strascica la parlata per 3 ore, ogni volta che lo spettacolo lo esige.
C'è n'è per tutti nell'ultimo spettacolo della Baistrocchi: le soubrette nerborute della goliardia genovese non si fanno certo attendere e sul palco del Politeama, tra lustrini e battutacce, vanno in scena quest'anno ben quattro ragazze adottate dal virile corpo di ballo che ha ben bisogno di partner che vestano i panni dell'uomo.
Nel night dell'avvenente e stagionata Erminia, la «Venere coi baffi» del cartellone, sorseggiano champagne i più noti politici liguri e non: Claudio De Maria ingraziosisce Marta Vincenzi che mai s'era vista così pettinata prima d'ora, e risponde stizzito a Plinio che «noi ce ne battiamo le balle delle critiche sulle spese di rappresentanza! Bisogna pur mangiare, dopo la giunta!».
Non si lesina neppure sugli ospedali cittadini: d'altronde è noto che il paziente, di questi tempi, non si sa bene dove si prende, se San Martino o Galliera: «qua si va nel pornografico però - strascica con accento genovese il "presidente" Quistelli - ognuno lo prende dove vuole, ma in ospedale mi sembra esagerato!». La cocina genovese aiuta, e qualcuno in sala inizia a notare una spiccata somiglianza con Burlando. Di lì al gay pride il passo è breve: Domenico Dolce e Alfonso Signorini non possono essere caricaturali più di quanto non lo siano nella realtà, ma l'idea del bagno dedicato è buona. Ampissimo il carosello di battute dedicate a Marazzo, il cui cognome ha la sfortuna - fortuna per gli autori - di sposarsi meravigliosamente bene alle rime peggiori. Risate, balli e politica, la Baistrocchi ha inaugurato così il suo 97° anno, portando in scena «La venere coi baffi», ambientato nel locale della vecchia soubrette baffuta, l'Arcanciel appunto, che si riempie man mano delle note del Trio Arc en Ciel e dei canti dei tanti giovanotti che, lei dice, l'hanno corteggiata in passato.
Una regia davvero gradevole quella di Piero Rossi, che ha scelto di lasciare sullo sfondo la storia del soubrettone Ermina, anche in occasione del funerale del compianto Checco Parodi, di moglie sampdoriana e cognata genoana. Lo spettacolo della Bai rimarrà in scena fino al 17 gennaio e l'intero incasso, come sempre dal 1976 ad oggi, sarà interamente devoluto in beneficienza: la Baistrocchi infatti, insieme all'associazione Bandeko sta costruendo un ospedale in Congo .
L'immancabile e coloratissimo Can Can dei Bastrocchini e i Bai «Ninga» Choir chiude la serata.
Commovente l'intervento di Franco Henriquet, dell'associazione Gigi Ghirotti. Si commuove anche Piero Rossi, che passa il testimone e abdica alla regia: «Tra due anni ci sarà il centenario, e io non ci sarò: dopo tanti anni è giusto che anche la regia cambi».

A riportare la serata su toni più leggeri interviene Bignardi: «L'avevi detto anche l'anno scorso e sei sempre qui, quindi facciamo bene a sperare che altri 2 anni almeno tu li faccia».
La vera chiusura è sempre la stessa però: «dei canti di gioia, dei canti d'amore, risuoni la vita mai spenta nel cuore…», per ricordare che la goliardia non è solo divertimento, ma soprattutto intelligenza e valori.

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