Cecilia e Filippo si erano trasferiti nella bella villetta bianca dietro la chiesa di Roncajette, a Ponte San Nicolò (Padova), il giorno prima che il Bacchiglione invadesse tutto. Ci hanno dormito una sola notte, diciamo una notte e mezza. Ci ha pensato il sindaco, Enrico Rinuncini, a rovinare il sonno della seconda notte, gridando a pieni polmoni, si scappare, di mettere in salvo il salvabile perché l’acqua marrone del fiume stava arrivando fin lì. «Me lo ricorderò per sempre - ha raccontato Cecilia al Mattino di Padova mentre, nonostante il pancione che rende inconfondibile una giovane signora al nono mese di gravidanza, dava una mano al marito ad accatastare i mobili appena comprati e già destinati alla discarica -. Anche perché l’indomani mi sono dovuta recare all’ospedale con le contrazioni che stavano assumendo una frequenza sospetta. Quella notte abbiamo fatto appena in tempo a portare via il borsone preparato per il parto».
Parto che, per ora, può attendere. Le contrazioni di Cecilia sono tornate alla normalità, sempre che questo termine abbia un senso con una casa rovinata prima ancora di iniziare a pagare il mutuo, e la futura mamma ha avuto ancora il tempo per portare quel che resta della cucina nuova di zecca in strada. «Avevamo finito di montarla domenica scorsa - ricorda - e guardate come è finita. Irrecuperabile».
L’immagine di Cecilia e Filippo inquadra come meglio non potrebbe la situazione del Veneto che è finito sott’acqua. E che rischia di finirci ancora, a giudicare dalle previsioni del tempo che dicono che fino a mercoledì sarà acqua a catinelle. Da Ponte San Nicolò a Bovolenta, nel padovano, ieri c’erano ancora migliaia di edifici allagati, mentre nel vicentino è cominciato il conteggio dei danni provocati dall’esondazione del Bacchiglione. Con emergenze particolari a Valli del Pasubio, dove alcune frane hanno interrotto strade e reso inagibili diverse abitazioni, e a Valdobbiadene (Treviso), il regno del Prosecco, dove vitigni, aziende agricole e abitazioni corrono i medesimi rischi.
Ieri è tornato a Vicenza e a Padova il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, da un lato per avere una prima sommaria valutazione dei danni, dall’altro per elaborare una strategia di intervento qualora i livelli di guardia già raggiunti da Bacchiglione, Livenza e Fratta-Gorzone dovessero essere superati. Il sindaco di Vicenza, Achille Variati, ha già potuto presentare a Bertolaso l’elenco preciso della spesa: i residenti nel comune capoluogo colpiti dall’alluvione sono stati 11.236, per un totale di 5.202 famiglie. Per quel che riguarda le «cose», si parla di 1.616 edifici, 274 negozi, 63 pubblici esercizi, una sessantina tra attività artigianali e industriali, 23 scuole, 22 strutture sportive, 11 strutture religiose e 13 monumenti, con 50 chilometri di strade allagate finite sott’acqua.
«Peccato che in provincia di Vicenza ci siano stati solo due morti», ringhiava ieri un artigiano parecchio arrabbiato con quella che giudicava una scarsa attenzione da parte di media e governo al disastro dell’alluvione. I 20 milioni stanziati in prima battuta sono parsi un’inezia, peggio, un’offesa, anche se lo stesso Bertolaso ha tenuto a distinguere le spese immediate, a cui servirebbero i 20 milioni, dal risarcimento dei danni destinato a entrare in finanziaria.
È passata una settimana dalla notte in cui il Bacchiglione ha sepolto un terzo di Vicenza, prima di proseguire e mettere in ginocchio anche buona parte della bassa padovana, e la gente colpita non ha ancora avuto il tempo di riposare. Prima di lamentarsi, qui sono abituati ad arrangiarsi anche se non vorrebbero passare per fessi. In ogni caso, la voglia di ripartire prevale sulla disperazione. «Quando ho visto l’acqua arrivare alla macchina del caffè ho capito che potevo dire addio al mio bar - ha detto al Giornale di Vicenza Eleonora Cracco, 26 anni, che con un’amica un anno fa prese in gestione il Naif bar di Cresole (Vicenza) -. Ho chiuso il contatore dell’energia e, con un cliente che era rimasto, ci siamo presi per mano e siamo riusciti a scappare. I danni sono evidenti ma sono certa di una cosa: il Naif bar riaprirà presto».
Anche a casa di Cecilia e Filippo, diverse decine di chilometri più a sud nel corso del medesimo fiume, la speranza è ancora più forte dell’immensa tristezza che galleggia insieme ai nuovi mobili già da buttare. Senza gridare, senza lanciare proclami, gli abitanti di San Nicolò si sono stretti attorno alle famiglie colpite. C’è chi organizza una colletta, chi porta la pappa per il cane, piccole cose che fanno sentire un po’ meno soli.
Forse è proprio questo lo Stato con la «S» maiuscola da cui anche famiglie che hanno perso tanto, tantissimo, sanno di poter contare per ricominciare. Cecilia, poi, una volta data l’ultima passata di idropulitrice al pavimento, si deciderà a cedere alle contrazioni e a dare alla luce Noemi. Quel giorno, sono convinti tutti, uscirà finalmente il sole.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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