Veneto, l’ultima follia del Pd: pur di vincere corteggia Galan

RomaCome quei giocatori, i più tapini e tristi fra gli ammaliati dall’azzardo, che nei casinò di terz’ordine, nei Paesi arabi e balcanici, vedi saltellare freneticamente da un tavolo di roulette all’altro puntando a raffica e contemporaneamente sui numeri più disparati, senza logica né speranza, destinati inesorabilmente a perdere. Così Piero Fassino, che ora allarga le puntate del Pd a Giancarlo Galan, governatore del Veneto. Dopo Antonio Di Pietro, Pier Ferdinando Casini, Nichi Vendola e persino strizzatine d’occhio a Gianfranco Fini, le speranze disperate dei nostrani democrat s’affidano al sogno di una rottura di Galan col centrodestra. Fassino vede il governatore veneto in lite con la Lega. E lo blandisce, addirittura con l’aria di lanciargli, lui, una ciambella di salvataggio. L’ultimo segretario dei Ds spara a zero su Umberto Bossi, quasi credendo di approfondire il solco tra Galan e la Lega. Ma quando Fassino stava ancora con Massimo D’Alema, non era il Carroccio «una costola della sinistra»?
Che cosa non si fa, per un’impossibile resurrezione! «Bossi si sfida con nuove alleanze», spiega dalle colonne di Repubblica Fassino, che ha mollato D’Alema per sponsorizzare Dario Franceschini, e giunge a dire che Pierluigi Bersani rappresenta. Lui invece, da scaltro «novista», allarga il tavolo da gioco con l’opzione Galan, spiegando nell’intervista: «Non voglio giocare per perdere. E non ci sto a dare per scontato che Lombardia e Veneto siano terre straniere per il Pd». Si rende conto che in quelle regioni non «basta riproporre il centrosinistra classico perché il differenziale di voti è enorme», e non giunge all’eresia di pensare «a un’alleanza tra noi e il centrodestra in Veneto», però... Poiché in Veneto «si è aperta una conflittualità tra Pdl e Lega, Fassino annuncia che «è nostro dovere» verificare se «sono solo scaramucce tattiche oppure ci sono differenze reali che possono dar luogo a scenari non ancora ipotizzabili».
E vai con una santa alleanza che abbraccia Vendola, Di Pietro e Casini, il Pd, postcomunisti e postdemocristiani, spezzoni del Pdl veneto con ex forzisti, ex An ed ex socialisti, tutti insieme appassionatamente contro Bossi, che una volta era costola popolare e progressista ed ora è soltanto il demonio di Gemonio, sputa pure sull’inno di Mameli e fa sortite che «colgono la voglia del Nord di sganciarsi dal resto d’Italia». È così alto e azzardato il progetto di Fassino, che egli stesso ne sembra spaventato se conclude: «Siamo pronti ad aprire una pagina nuova, ma la prima mossa spetta a Galan».
En attendant Galan... Quel che colpisce nell’analisi e nella proposta di Fassino è l’uso del plurale. Che non è quello maiestatis di D’Alema, ma sottintende una condivisione del gruppo dirigente del Pd. A dimostrazione che davvero gli dei accecano coloro che son votati alla perdizione, vuol dire che non solo Fassino ma anche Franceschini, forse anche Bersani - probabilmente un po’ meno, visti i complimenti ricevuti dalla ex costola - sognano e sperano in Galan. Perché i numeri della roulette son 37, e giocando su tre tavoli diventano 111, numero magico che apre possibilità indicibili. Ma che altro puoi inventarti, se nemmeno con le escort riesci a battere il Cavaliere nero e il suo verde scudiero?
Galan dopo Casini. Fassino conferma anche questo numero nell’intervista: «È giusto cercare l’intesa con l’Udc». Dopo la conferma, pur sofferta, della puntata su Di Pietro, se il segretario Franceschini ha nuovamente dichiarato che bisogna unire «gli sforzi dell’opposizione per contrastare gli avversari. E l’avversario del Pd si chiama Berlusconi, non Di Pietro». E dopo l’apertura a Vendola, se l’aspirante segretario Bersani, interrogato sul possibile allargamento dell’alleanza anche a Sinistra e libertà, ha risposto positivamente: «Avere una vocazione maggioritaria non significa fare da sé, ma cercare delle alternative. Non in seno a un antiberlusconismo sciocco, ma cercando di adempiere a quello che è lo scopo primario di un’opposizione e cioè fornire un’alternativa felice. Noi pensiamo che oggi l’Italia abbia bisogno di riforme elettorali, istituzionali e di regolamenti. E di una nuova ricetta anticrisi. Con chi condivide queste preoccupazioni, noi ci siederemo a un tavolo e discuteremo con pazienza». Capito? Tutto fa brodo, del porco non si butta niente.


In quei casinò che ricordavamo, quando lo sciagurato giocatore compulsivo ha perso tutto, punta una vecchia signora che solitaria s’aggira tra i tavoli e le slot machine col suo bicchierone mezzo pieno, e con voce tra l’affranto e il mellifluo le sussurra: «Mi presta una fiche?, ho un numero sicuro».

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