VENEZIA 1516 Per la prima volta gli ebrei nel ghetto

Stasera all’Olmetto in occasione della Giornata europea della cultura ebraica debutta lo spettacolo di Eugenio de’ Giorgi

Igor Principe

Il 29 marzo 1516 il Senato Veneziano stabilisce che tutti gli ebrei sono obbligati a risiedere in una precisa e limitata zona della città. Il suo nome è «Ghetto nuovo», nel sestiere di Cannaregio. Un tempo vi ardevano le colate di una fonderia, e proprio il ricordo dell'incessante getto di metallo incandescente - il géto, come lo chiamano i veneziani - battezza la zona, complici gli ebrei ashkenaziti che, con la loro «g» gutturale tedesca, ne trasformano la pronuncia.
A Venezia vivono molti ebrei, sempre di più da quando, nel 1492, la Spagna riconquistata al Cattolicesimo ne ha decretato l'espulsione. «Nasce come un bisogno di difendersi da una comunità sempre più numerosa. Da qui la decisione di confinarli nel ghetto, il primo al mondo».
A parlare è Eugenio de' Giorgi, autore e protagonista di uno spettacolo che ripercorre gli oltre duecento anni di vita del ghetto della laguna. Venezia 1516, affittasi monolocale zona Ghetto ne è l'ironico titolo. «Il richiamo al monolocale vuole indicare la limitazione di spazi, e affinché tutti possano alloggiarvi si arrivano a costruire case alte fino a sei, sette piani, cosa del tutto nuova per Venezia. L'ironia - prosegue l'attore - è una componente essenziale dello spettacolo, che ho preparato dopo approfonditi studi in cui mi hanno aiutato il rabbino capo di Venezia, Rav Elia Richetti, e il professor Fortis, massimo studioso di ebraismo».
Al di là del ghetto, Venezia rappresenta per de' Giorgi una personale e intensa passione.
«La storia della Serenissima e la sua cultura, con Goldoni e Ruzante su tutti, sono da sempre oggetto dei miei studi - spiega -. In scena ci sono solo io, che faccio rivivere sette personaggi cruciali nella storia del Ghetto».
Non si può partire che da Torquemada, il frate domenicano protagonista dell'Inquisizione, motore della diaspora che dalla Spagna porta gli ebrei in tutta Europa. Più defilati, ma non meno essenziali, altri nomi. «Giuseppe Francoso è il marrano indigente che si fa battezzare quattro volte in quattro città diverse, perché da cristiano può ricevere l'elemosina e avere così qualcosa di cui vivere - racconta de' Giorgi -. Poi c'è la “bella ebrea” Sara Copio Sullam, la poetessa che organizza incontri e dibattiti e anima la cultura del ghetto. E Nathan di Ghaza, che a Venezia si spaccia per il finto messia Shabbataizvi».
Profili intensi e avventurosi, con i quali l'attore racconta una storia che si conclude sotto Napoleone che entra in città e ordina l'abbattimento dei cancelli del Ghetto. È il 1797.
Lo spettacolo è il primo di una trilogia che vedrà, nel 2007, un capitolo dedicato a Giovanni XXIII e l'ultimo, nel 2008, sulla battaglia di Lepanto. Domani, Venezia 1516 sarà al teatro Olmetto in occasione della Giornata Europea della Cultura Ebraica (ore 20.30, 5 euro). Il 14 sarà, invece, al teatro Studio, per tornare all'Olmetto dal 19 settembre all'8 ottobre.

Il 3 per cento dell'incasso sarà devoluto alla comunità ebraica italiana.

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