Roma Al Pacino e Monica Bellucci, Kate Winslet (con due film) e David Cronenberg, Madonna e Vasco Rossi, Ermanno Olmi e Marco Bellocchio, l’immancabile Clooney e l’assente obbligato Polanski: «Non tutte le mostre riescono col buco, ma alcune sì. Questa probabilmente ce l'ha fatta», scommette Marco Müller, direttore in scadenza e in attesa di rinnovo del mandato - magari per dieci anni, ha buttato lì qualcuno alla conferenza stampa dell’Excelsior di Roma. Ma per cancellare quel «probabilmente» si dovrà attendere il 10 settembre prossimo, giorno di chiusura della sessantottesima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia che si aprirà il 31 agosto con Le idi di marzo, film diretto e interpretato da George Clooney su un giovane guru della comunicazione che collabora con il governatore dell’Ohio. Di sicuro, invece, si sa già ora che il buco davanti al futuribilissimo Palazzo del cinema sarà «più grande e bello di prima», ha scherzato Paolo Baratta. La presenza di amianto nel perimetro destinato alla nuova sede ha costretto i dirigenti della Mostra a dare la precedenza al rinnovamento delle strutture già esistenti rispetto alla realizzazione dell’agognato Palazzo. Attenta a coniugare cinefilia e mercato forse più delle ultime edizioni, la Biennale ha ottenuto dal Comune di Venezia la gestione degli spazi, avviando il restauro della Sala Grande, «storica sede del più antico festival del mondo», l’ampliamento della Sala Darsena, l’uso della Sala delle Tese all’Arsenale, il prestigioso Lion’s Bar. L’obiettivo dichiarato è, secondo le parole di Baratta e Müller, realizzare al Lido «il luogo del cinema» o «il tempio del cinema» (non però «la casa del cinema», di stanza a Roma) dove, secondo tradizione, attori e registi possono godere la visione delle loro opere a stretto contatto con gli operatori e il pubblico.
Ventidue film in concorso di cui uno a sorpresa, in cui spiccano cinque titoli americani rispetto ai «soli» tre italiani (Quando la notte di Cristina Comencini, Terraferma di Emanuele Crialese e L’ultimo terrestre di Gian Alfonso Pacinotti, tutti tre coprodotti da RaiCinema) rappresentano per Müller «una stilizzazione fortissima di quello che siamo oggi nelle nostre case e nei nostri salotti più o meno buoni». Ma per ora è difficile individuare un filo conduttore delle opere proposte. Più degli anni scorsi, sembra di essere di fronte a una Mostra generalista, attenta a tutti i generi del cinema, dal fumetto fantasy (L’ultimo terrestre di Gipi) al thriller d’autore robustamente rappresentato oltre che da Clooney, dal maestro del noir William Friedkin (Il braccio violento della legge, The Hunted), dall’opera dello svedese Tomas Alfredson tratta da La talpa di Le Carré e dal poliziesco di Ami Canaan Mann, figlia di Michael Mann. Non mancano poi i temi della famiglia e del complesso rapporto tra genitori e figli, al centro di Carnage di Polanski tratto dalla pièce di Yasmina Reza (Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph Waltz) e di Quando la notte di Cristina Comencini.
Detto del grande impegno profuso da Müller e Baratta nell’allestimento delle cosiddette sezioni minori, «Orizzonti» e «Controcampo italiano», va sottolineata la qualità del parterre «Fuori concorso». Con Al Pacino, regista e interprete di Wilde Salome, Steven Soderbergh presente con il thriller fantascientifico Contagion (cast all star: Matt Damon, Marion Cotillard, Jude Law, Gwyneth Paltrow), Ermanno Olmi che non si è lasciato convincere da Müller, salito «fino ad Asiago con la sua polenta preferita», a iscrivere al concorso il suo Villaggio di cartone (Michael Lonsdale e Rutgher Hauer), infine con Madonna che presenterà W.E. sulla storia d’amore tra Wallis Simpson e Edoardo VIII. La cui presenza al Lido, sebbene Müller sostenga che quel giorno peserà di più l’assenza di Polanski, si annuncia già come il probabile evento della prossima Mostra.
Probabilmente.
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