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In Venezuela si gioca il futuro di Cuba

La crisi venezuelana si sta rivelando come il vero banco di prova per stabilire se l'amministrazione Trump riuscirà mai a parlare con una sola voce, mentre il futuro di Venezuela e Cuba resta sospeso tra pressione crescente, stallo prolungato e rischio di escalation improvvisa

In Venezuela si gioca il futuro di Cuba
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La tensione tra Stati Uniti e Venezuela sta mettendo in luce l'importanza strategica attribuita dalla presente amministrazione alla regione latino-americana. Intorno a Caracas gli Stati Uniti hanno dispiegato una quota di forze navali e anfibie che approssima il venti per cento della loro capacità operativa globale. Si tratta di un dispositivo militare imponente, agevolmente in grado di controllare rotte marittime cruciali per un Paese fortemente dipendente dalle esportazioni di petrolio.

Eppure, nonostante la massa critica schierata sul campo, Washington non ha ancora definito una linea politica chiara. È proprio questa dissonanza a suggerire che lo stallo attuale non dipenda solo dalla complessità del dossier venezuelano, ma anche da una perdurante frattura interna all'amministrazione Trump. La gestione della crisi mette in luce contrasti che influenzano non solo le scelte militari, ma anche quelle diplomatiche e economiche.

Da un lato c'è la posizione della direttrice nazionale dell'Intelligence, Tulsi Gabbard, che nelle scorse settimane ha dichiarato apertamente che gli Stati Uniti non perseguono più operazioni di "regime change". Un messaggio netto, coerente con la sua visione prudente, anti-interventista, in linea con l'ortodossia del Make America Great Again.

Dall'altro lato agisce l'influenza del segretario di Stato, Marco Rubio, da anni sostenitore della linea più dura verso Caracas e, indirettamente, verso l'Avana. Rubio interpreta il Venezuela come il fulcro di una minaccia regionale e sostiene la necessità di una pressione incisiva, anche di natura militare.

Le due impostazioni sono difficilmente conciliabili e spiegano la robusta presenza militare senza una chiara decisione politica. Ne consegue che la crisi venezuelana resta aperta a tre possibili sviluppi.

Il primo è una pressione mirata che, colpendo la flotta "ombra" del petrolio, potrebbe costringere il governo venezuelano a negoziare una transizione graduale, preservando alcune strutture statali ma indebolendo l'apparato interno del regime. Il secondo è lo scenario dello stallo: sanzioni, contraccolpi economici e un lento deterioramento che non produce svolte ma aumenta instabilità politica, corruzione e povertà. Il terzo, meno probabile ma possibile, è un'escalation dovuta a un incidente, un qualche attacco contro asset americani, che renda inevitabili immediate operazioni militari contro le infrastrutture strategiche venezuelane.

In tutti questi casi, l'impatto su Cuba sarebbe significativo: dalla riduzione progressiva delle forniture di energia fino all'interruzione improvvisa in caso di azione militare. Ciò assume un ulteriore rilevanza politica in Florida, dove la comunità di origine cubana esercita una forte influenza politica di cui Rubio è l'espressione più alta.

La crisi venezuelana si sta rivelando come il vero banco

di prova per stabilire se l'amministrazione Trump riuscirà mai a parlare con una sola voce, mentre il futuro di Venezuela e Cuba resta sospeso tra pressione crescente, stallo prolungato e rischio di escalation improvvisa.

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