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Venti di guerra fredda La flotta russa fa rotta sul Polo nord

Venti di guerra fredda La flotta russa  fa rotta sul Polo nord

«Compagni, avanti, il Polo è nostro». Diciannove anni dopo la fine della guerra fredda tutto è pronto per quella dei ghiacci. Le prime avvisaglie risalgono al luglio dell’anno scorso. Allora due batiscafi partiti da Murmansk in Siberia costeggiarono i fondali della cosiddetta dorsale Lomonosov, raggiunsero il Polo Nord e piantarono una bandiera in titanio con i colori russi a quattromila metri di profondità. Quella missione affidata dal Cremlino ad eminenti ed allineatissimi scienziati serviva a rivendicare la continuità dello zoccolo continentale e il pieno possesso di tutti i territori che vi si estendono sopra e sotto. Fatta piazza pulita degli accordi internazionali che limitano a 200 miglia la sovranità degli stati affacciati sul circolo polare artico Mosca si prepara a rivendicare anche militarmente la propria glaciale potestà.
Nelle prossimi settimane, come annunciato dal ministero della difesa di Mosca, la flotta russa assumerà il controllo delle rotte artiche e le trasformerà per tutta l’estate in un poligono navale di sua esclusiva proprietà. «Il programma di addestramento estivo punta a sviluppare la presenza della flotta russa non solo in Atlantico, ma anche nell’Artico e nel Pacifico» – fa sapere il generale Vladimir Shamanov, responsabile del Direttorato per l’addestramento militare.
Accusato di crimini di guerra durante la guerra in Cecenia il generale Shamonov è considerato il falco dello stato maggiore russo e il referente di quanti al Cremlino difendono la necessità di una nuova contrapposizione militare con l’Occidente. In questo caso però le ambizioni militari e geopolitiche vanno a braccetto con quelle economiche. Facendo valere le proprie pretese sui fondali collegati alla dorsale Lomonosov Mosca metterà le mani su uno spicchio artico di un milione e 200mila chilometri quadrati e su risorse energetiche pari a circa 9-10 miliardi di tonnellate petrolio. Mosca è pronta insomma a rivendicare il possesso di un scrigno sottomarino grande quattro volte l’Italia e con risorse pari al 25% delle attuali riserve mondiali di idrocarburi. Per impossessarsi di quei tesori e confermare la sua posizione di principale controllore delle riserve energetiche mondiali Mosca è pronta ad usare le navi e soldati. «Abbiamo a disposizione unità altamente addestrate alla guerra artica - spiega il generale Shamonov - e siamo pronti ad ampliare il raggio d’azione dei sottomarini della flotta del nord».
In attesa delle navi e delle forze speciali addestrate alla guerra tra i ghiacci Mosca rivendica il controllo del Polo facendolo pattugliare da squadriglie di bombardieri strategici addestrati alla guerra anti sottomarino. I voli a lungo raggio, sospesi per 15 anni, sono ripresi non a caso nel luglio dello scorso anno in concomitanza con la nuova politica artica. E non più tardi di martedì quattro Tupolev 160 hanno sorvolato per nove ore i perimetri della calotta artica affidata alle competenze di Canada, Stati Uniti, Norvegia e Danimarca.
Preoccupati dall’aggressività russa le altre nazioni affacciate sulla calotta hanno già iniziato a correre ai ripari. Washington ha pronta una flotta di rompighiacci nucleari per pattugliare le zone contestate.

Il Canada ha iniziato i lavori per la costruzione di una base dell’esercito a Resolute Bay nell’isola di Cornwallis, 600 chilometri dal Polo Nord e di un porto per il rifornimento delle navi da guerra nella vicina Nanisvik. Danesi e norvegesi hanno invece lanciato una spedizione per dimostrare che la dorsale di Lomonosov è collegata anche alla Groenlandia e spiazzare le tesi del Cremlino.

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