Venticinque anni fa l'anatema anti mafia di Wojtyla ad Agrigento

L'anatema di 25 anni fa

Venticinque anni fa l'anatema anti mafia di Wojtyla ad Agrigento

Era un caldo pomeriggio di maggio: Agrigento si era fermata per due giorni, la città con le scuole e con le varie associazioni era interamente concentrata sulla visita di Papa Giovanni Paolo II, in un momento in cui il rumore delle pallottole e delle sparatorie scandaiva la quotidianità di una Sicilia nel cuore di due guerre, quella interna a cosa nostra e quella intentata dalla criminalità organizzata contro uomini dello Stato.

Proprio nel pieno di questo pomeriggio, quando oramai un'assolata Agrigento si preparava a salutare Karol Wojtyla, il Pontefice rompe il protoccolo e pronuncia durante l'omelia un discorso non atteso, non scritto e non letto da alcun foglio: "Convertitevi - urla Papa Giovanni Paolo II dal palco posto sotto la via Sacra della Valle dei Templi - Verrà una volta il giudizio di Dio". Il suo riferimento esplicito era ai mafiosi: per la prima volta, il termine mafia veniva pronunciato esplicitamente non solo durante la visita pastorale del Pontefice, ma anche da un evento riguardante la Chiesa siciliana.

Era il 9 maggio 1993, da allora sono passati 25 anni: un quarto di secolo, tanta acqua sotto i ponti si un'isola tanto diversa e tanto uguale da allora, con le parole di Giovanni Paolo II che sono tornate in questo mercoledì a risuonare all'ombra dei templi.

Agrigento ha voluto ricordare questo anniversario: non solo la prima visita di un Pontefice nel cuore di un'area sacra per i greci e per il mondo classico, ma anche il primo vero anatema contro cosa nostra e contro la mafia in un Sicilia ancora scossa dalle stragi che nemmeno un anno prima avevano ucciso Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

"Non è un caso che Wojtyla ha voluto parlare qui", era il commento più in voga il giorno dopo ad Agrigento: città fin troppo silente a volte, ma anche provincia dove il piombo ha ucciso tanti uomini di Stato e tante persone legate alle faide interne a cosa nostra, questo territorio ancora oggi per molti rappresenta una roccaforte della "nuova mafia", che spara di meno ma che fa ancora più affari degli anni più sanguinosi. Qui si è svolto parte del rapimento del piccolo Di Matteo, qui è stato catturato Giovanni Brusca, qui i tentacoli di Messina Denaro da Castelvetrano arrivano a far sentire i suoi effetti.

Giovanni Paolo II dunque, con sullo sfondo il tempio della Concordia, ha volulto lanciare il suo monito che è servito anche come vero e proprio gesto discontinuo rispetto ad una Chiesa accusata da più parti di essere silente di fronte ad un fenomeno che specialmente in quel periodo ha mostrato i suoi lati peggiori.

A piano San Gregorio, lì dove era stato montato il palco per la messa finale del Pontefice, i vescovi siciliani hanno voluto rilanciare il messaggio di allora: una Santa Messa è stata organizzata nello stesso luogo da dove ha parlato Wojtyla, in una cerimonia aperta da un messaggio di Papa Francesco. Molti agrigentini all'epoca giovani, ed oggi con qualche capello bianco in più, si sono radunati lì dove un quarto di secolo fa hanno assistito, quasi improvvisamente, ad uno dei passaggi storici più importanti del pontificato di Giovanni Paolo II.

Agrigento ricorda la sua storia, il suo passato e quel discorso che l'ha resa improvvisamente al centro dei riflettori: sono

passati 25 anni da allora e da quel discorso all'ombra dei templi, in una giornata nuovamente calda ed assolata la Sicilia intera si chiede, da allora, cosa è cambiato e dove ancora quel messaggio può ritenersi ancora attuale.

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