Il governo del Regno Unito ha espulso quattro agenti del servizio segreto russo SVR (una delle due sigle in cui si è suddiviso il Kgb che ha mantenuto quasi intatte strutture, uomini e metodi) i quali agivano a Londra sotto copertura diplomatica. È guerra sempre più fredda fra Londra e Mosca per l'assassinio Litvinenko avvenuto sulla scia della sua collaborazione alla Commissione Mitrokhin, anche se il nuovo primo ministro inglese Gordon Brown insiste sulla necessità di mantenere buoni rapporti con la Russia, gravemente compromessi dall’omicidio del cittadino britannico su suolo britannico. Alexander Litvinenko, infatti, aveva svolto per oltre due anni il ruolo di fonte riservata della Commissione Mitrokhin e nel febbraio del 2006 riferì in un video quanto gli aveva detto nel 2000 il suo superiore ed amico generale Anatoly Trofimov, numero tre del servizio segreto russo, e cioè che «l’attuale presidente della Commissione europea (nel 2000) e cioè Romano Prodi era da lui considerato un nostro uomo». Litvinenko aveva già fornito questa informazione all’eurodeputato Gerard Batten, a Vladimir Bukovsky, ad Oleg Gordievsky e ad altri, prima di incidere il video destinato alla Commissione Mitrokhin.
Scotland Yard ha emesso un atto di accusa corroborato dalla procura della Corona del Regno Unito, in cui si chiede alla Federazione Russa di concedere l’estradizione del supposto assassino dell’ex tenente colonnello e poi cittadino britannico Litvinenko. La Federazione Russa ha sempre risposto in modo beffardo alla richiesta rigettandola con l’accompagnamento di una grottesca campagna di stampa con cui i servizi segreti russi hanno cercato, e stanno ancora cercando, di far credere che Alexander «Sasha» Litvinenko fosse un agente del servizio segreto britannico anziché un patriota in esilio e che ad ucciderlo sia stato un altro patriota russo in esilio, l’ex oligarca Boris Berezovsky, che fu salvato a Mosca proprio da Litvinenko quando si rifiutò di eseguire l’ordine di ucciderlo.
La sequenza delle date dimostra che a partire dal momento in cui Litvinenko cominciò a lavorare segretamente per la Commissione Mitrokhin, attraverso l’opera del consulente Mario Scaramella, un piano accuratissimo fu varato per ucciderlo, facendo in modo che il suo assassinio coinvolgesse, almeno in un primo momento, proprio il consulente della Mitrokhin che lo incontrò dopo l’avvelenamento, al sushi bar Itsu di Piccadilly Circus alle ore 15 del 1° novembre 2006, cosicché tutto il prezioso lavoro svolto dal Parlamento della Repubblica italiana fosse diffamato e contaminato, rendendo almeno in un primo momento inservibili i molti e scomodi risultati del lavoro della sua Commissione d’inchiesta.
La testardaggine e la professionalità di Scotland Yard, la mitica Metropolitan Police, Special Operation Group SO15, permisero di scoprire, soltanto tre ore prima che Litvinenko morisse, che il veleno usato era stato il Polonio 210, fresco di produzione e che richiede artifici tecnici e di trasporto che soltanto uno Stato, e non dei singoli criminali, può permettersi. Litvinenko era consapevole del fatto che Andrei Lugovoi fosse il suo killer e confidò ad Alexander Goldfarb (che l’ha scritto nel recentissimo Morte di un dissidente, in collaborazione con Marina, la moglie di Alexander) che dal letto dell’ospedale aveva accusato Scaramella allo scopo di rassicurare il vero assassino e indurlo a tornare a Londra e farlo arrestare.
Da allora la guerra fredda è scoppiata fra Regno Unito e Russia, dopo una gelida e sferzante conversazione fra Tony Blair e Vladimir Putin, cui ha fatto seguito la linea durissima del nuovo premier britannico Gordon Brown, deciso, come ha detto più volte, a non cedere su questioni fondamentali come la giustizia e il minacciato schieramento di missili, agitato sempre più spesso dai russi come una ritorsione per l'inchiesta sulla morte della fonte segreta della Mitrokhin, Alexander Litvinenko.
Paolo Guzzanti
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