La vera avanguardia? È la colonna sonora dei vecchi film italiani

Dopo il Premio Oscar a Morricone si scoprono i lati meno noti dei grandi autori che al cinema sperimentavano e divertivano

Paolo GiordanoIl tempo, quello non sbaglia mai. Erano quasi tutti mal visti o comunque poco visti. I critici saccenti li snobbavano, quelli politicizzati li deridevano. E invece ora i thriller italiani degli anni '70, quelli un po' pulp un po' gotici, vivono la loro seconda vita, che vale una consacrazione. Copioni e sceneggiatura hanno ripreso fiato da un po' anche nella considerazione di quegli stessi sapientoni che li avevano bocciati. Ma pure le colonne sonore contengono gioielli per lo più sconosciuti e sottovalutatissimi, anche se firmati da maestri invidiati in tutto il mondo. E non è un caso che per il prossimo Record Store Day (16 aprile, testimonial i Metallica) il catalogo delle ristampe italiane contenga qualche tributo inevitabile (Pino Daniele), qualche chicca d'attualità (specialmente l'edizione limitata di L'amore devi seguirlo di Nada) ma soprattutto quattro titoli che da soli valgono l'acquisto. Perché? Perché sono gioielli. Come il vinile trasparente di Paura - A collection of scary and thrilling soundtrack che mostra il lato più oscuro e sperimentale di Ennio Morricone. Già strafamoso in tutto il mondo (la colonna sonora di Il buono il brutto il cattivo di Sergio Leone è del 1966) il maestro non aveva accettato i compromessi di Hollywood e aveva seguito la sua strada, quella che dagli arrangiamenti di Andavo a cento all'ora di Gianni Morandi lo ha portato al secondo Oscar di qualche settimana fa. E sulla strada c'era anche quel lato cupo e curioso che gli ha fatto comporre le musiche del Gatto a nove code di Dario Argento del '71 o del Diavolo nel cervello di Sergio Sollima nel quale il suo registro sinfonico era esaltato dai cori della meravigliosa e inquietante Edda dell'Orso. Parte di quelle colonne sonore sono in questo vinile da collezionare dopo averlo goduto fino in fondo. E c'è dell'altro. Tanto per capirci, in Corleone (dal film di Squitieri del '78 con Claudia Cardinale, Giuliano Gemma e Michele Placido) ci sono suoni che hanno un respiro tuttora attuale. Persino nel brano Qui ci scappa il morto tratto dal misconosciuto Le foto proibite di una signora per bene di Luciano Ercoli del 1970, Ennio Morricone segue una linea compositiva feroce per struttura musicale ma così evocativa da restare ancora splendente. E prendete Diario di un pazzo ispirato a Gogol e contenuto nella colonna sonora della miniserie Nella città vampira - Drammi gotici trasmessa dalla Rai tra luglio e agosto 1978, quando cioè non la seguiva nessuno: Quentin Tarantino di sicuro l'ha ascoltata a ripetizione. Il Morricone più prezioso è quello trascurato o quantomeno sottovalutato come questo, capace di spingere più in là la frontiera della musica da film avvicinandola a piacimento al pop o al rock e persino alla sinfonica. Una sensibilità rigorosa ma innata. Così come quella di Piero Umiliani, morto nel 2001, uno degli special guest di questo Record Store Day, autore della colonna sonora dei Soliti ignoti e, come spesso capita in Italia, rivalutato soltanto quando non c'era più. Nelle musiche (ristampate per l'occasione) de La legge dei gangsters che Siro Marcellini ha girato nel 1969 c'è una sorta di jazz inquietante e corpulento, perfetto per accompagnare i cinque banditi tremendi e scalcagnati che tentano il colpo perfetto da mezzo miliardo di lire. Musicisti impeccabili diretti da un maestro visionario che da soli valevano il prezzo del biglietto (e ora di questo disco). Poi ci sono i Goblin, categoria a parte. Nel 45 giri Suspiria, dal film omonimo diretto da Dario Argento nel 1977, c'è un mellotron che ha fatto scuola e che pure oggi deejay e produttori sfruttano nei loro loop: quello di Claudio Simonetti. Invece nel semi-sconosciuto La via della droga, colonna musicale del film omonimo di Enzo Girolamo Castellari sempre del '77 spunta il lato più onirico dei Goblin, incontestabilmente progressive ma comunque più dark di qualsiasi gruppo dark degli anni Ottanta. Anche quest'album, che adesso esce in inedito vinile bianco, ha fatto scuola pur non avendo all'epoca nessun allievo. Poi si è sedimentato nella tradizione, circolando negli ambienti musicali di tutto il mondo ed emergendo qui e là non solo a Hollywood ma pure in produzioni musicali addirittura gangsta rap.

Insomma, riservando un ruolo da protagonista a musiche per tanto tempo ritenute da comprimari, il Record Store Day conferma che i nostri compositori mezzo secolo fa erano già all'avanguardia. E la nostra critica non si accorgeva di essere già in retroguardia.

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