La vera lezione americana: chi ricatta finisce in galera

SHOW Il comico ha rivelato le sue scappatelle. E il collega che voleva soldi per tacere è stato arrestato

L’America ci parla. La voce è quella di David Letterman: «Sono stato ricattato», dice fuori onda il conduttore del più celebre talk-show serale della tv statunitense. Si accende la luce della diretta e la voce non si ferma: «Sono contento che siate di buonumore perché mi piacerebbe raccontare una storiella a voi così come ai telespettatori. Ho ricevuto un messaggio qualche tempo fa. Diceva così: “So che hai fatto cose terribili e posso dimostrarlo”. Le cose terribili erano relazioni sessuali che ho avuto con donne che lavorano per me in questo show. È imbarazzante rivelare queste cose? Sicuramente sì, specie per le donne coinvolte. Ero anche molto preoccupato per me e per la mia famiglia. Avevo bisogno di proteggermi. E di proteggere il mio lavoro». La protezione è arrivata. La polizia ha arrestato il ricattatore, l’assistente di produzione della Cbs Joe Halderman. È stato incriminato per la tentata estorsione: rischia fino a 22 anni di carcere.
L’America allora ci parla e poi ci insegna. Racconta che chi ricatta, lì va in carcere. Racconta che Patrizia D’Addario, a Washington, sarebbe stata incriminata: una che registra una conversazione privata a casa di chiunque probabilmente per usarla successivamente, negli Stati Uniti finisce male. Qui no, qui fa la star in tv, qui fa la vittima, qui è la martire dell’informazione, la paladina dei custodi dell’integrità delle notizie. Si sono riempiti la bocca per giorni con il paragone tra la libertà di stampa negli Stati Uniti e in Italia. Ci hanno fatto vedere un pistolotto televisivo nel quale Marco Travaglio ha fatto il parallelo tra noi e loro. «In America i politici anche se vengono insultati non si sognano di querelare i giornalisti». Cinque minuti così: gli Stati Uniti dei fighi e l’Italia degli sfigati. Nessuno a smentire, nessuno a confutare, neanche Carl Bernstein, il giornalista che scrisse con Bob Woodward l’inchiesta sul Watergate. Nessuno a dire una banalità colossale, ma forse troppo scomoda: negli Usa non c’è il sindacato dei giornalisti, le regole con cui vengono fatti i giornali sono quasi scientifiche, tanto che si imparano davvero all’università in una specie di equazione che fa centellinare i giudizi di tizio, caio e sempronio. Vuoi il commento? Lo trovi in una sezione precisa. Questo lo insegnano nelle scuole di giornalismo, non nei tribunali. E dicono anche quello che sappiamo tutti: per il lettore italiano i giornali Usa sono di una noia mortale. Piaccia o no, è così. Piaccia o no, negli Stati Uniti gli articoli di Travaglio non troverebbero ospitalità in «nessuna gazzetta di quartiere», come ha scritto ieri in una e-mail personale un collega di un quotidiano. «Perché sono un misto di mattinali, commenti, satira».
Non si dica, però. L’America è un modello solo quando conviene. Non nel caso di David Letterman, ovviamente. Perché creerebbe un po’ di imbarazzo a chi usa Patrizia D’Addario come vittima e non come potenziale carnefice. Ecco, l’uomo che ricattava David Letterman aveva infilato nella vettura del conduttore tv un pacchetto accompagnato da una lettera dove minacciava di rendere pubbliche le relazioni sessuali dello showman, scrivendo un libro e una sceneggiatura. Nei giorni successivi, Letterman ha incontrato tre volte il suo ricattatore, un veterano dei reportage di guerra per la Cbs. Fingeva di voler pagare la somma richiesta: due milioni di dollari. Nel colloquio finale Letterman ha consegnato al ricattatore un falso assegno da due milioni di dollari, che la polizia gli aveva girato per far cadere in trappola l’aguzzino. È successo. L’ex reporter della Cbs è stato arrestato all’esterno della sede della Cbs a New York. Non c’erano telecamere, non c’era lo spettacolo dell’arresto in diretta. Non c’era lo show. C’è stato dopo, quando Letterman ha raccontato tutto. Una battuta dopo l’altra, come sempre.

Forse pagherà l’errore di aver avuto una relazione con una dipendente. Forse. Non avrà più ricatti, però. Vedrà il suo ricattatore andare a processo. Ventidue anni di carcere è la pena massima. Letterman si accontenta anche di molto meno.

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