Pochi mesi dopo il varo della Finanziaria-mostro è giunto il «contrordine compagni». La voce è quella di Padoa-Schioppa, la stessa che otto mesi fa spiegava che la finanza pubblica era sullorlo del collasso e che aveva bisogno di una cura fiscale da cavallo. E così fu. Quasi due punti di Pil in più di pressione fiscale buttati sulle spalle di famiglie e imprese. Oggi la stessa voce urla che bisogna ridurre le tasse perché troppo alte. Una schizofrenia governativa di questa portata, lo confessiamo, non lavevamo mai vista. Gli ultimi dati Istat parlano di una crescita del primo trimestre dellanno dello 0,3 per cento invece che dello 0,2 per cento e di una domanda dei consumi delle famiglie in salita.
Abbiamo i nostri dubbi almeno sino a quando qualcuno non ci spiegherà con dovizia di particolari come mai la domanda dei consumi cresce (+1,8 per cento) ma le importazioni crollano (-9 per cento), mentre le esportazioni rallentano (+0,4 per cento), rispetto al trimestre precedente. La risposta che ci daranno è che le aziende hanno vuotato i magazzini offrendo al mercato le scorte, rallentando così la produzione industriale e quindi le importazioni. Cosa ben strana quella di frenare la produzione dinanzi ad una previsione di crescita maggiore di quella dello scorso anno. Strana e poco credibile. Ma se anche tutti i dati dellIstat fossero nel vero lItalia crescerebbe ancora una volta molto meno della media dei Paesi della zona euro (circa la metà nel primo trimestre di questanno). Se allora, così, stanno le cose la nuova manovra economica non può aspettare la Finanziaria del prossimo anno e deve essere di una qualità totalmente diversa.
Lallocazione delle risorse disponibili (il famoso Tesoretto) è la chiave per rilanciare la doppia azione di un sostegno alla domanda interna (consumi e investimenti pubblici) e per una nuova politica dellofferta. Ridurre di 8-10 miliardi lo stock del debito pubblico come molti chiedono utilizzando il Tesoretto ci farebbe subito risparmiare 400-500 milioni di interessi lanno. Al contrario, se un terzo venisse utilizzato per sostenere i redditi più deboli, a cominciare dalle pensioni di 4-500 euro al mese, un altro terzo per ridurre le aliquote marginali dellIrpef per i redditi fino a 70mila euro lanno e laltro terzo per opere pubbliche e per agevolare fiscalmente, con norme a termine, gli investimenti privati delle piccole e medie imprese per il rinnovamento tecnologico, si realizzerebbe un circuito virtuoso fatto di più consumi, più investimenti pubblici e privati e quindi più crescita (almeno mezzo punto di Pil). Il risultato sui nostri conti pubblici sarebbe di oltre 2 miliardi di euro di nuove entrate. È inutile ripetere che tutto questo non significa non mettere mano contestualmente alla riduzione della spesa corrente che ormai ha raggiunto il suo massimo storico.
Questa manovra, però, deve essere fatta subito insieme al Documento di programmazione finanziaria (linutile Dpef) diversamente si perderà unaltra occasione. La stupida avidità fiscale dello scorso anno sta infatti creando uno sconquasso nel sistema delle piccole e medie imprese i cui conti, grazie ai nuovi studi di settore, rischiano di saltare.
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