La vera rivoluzione iraniana si combatte nel mondo virtuale

Se la sorprendente affermazione dell’alleanza moderati-riformisti nelle elezioni iraniane di venerdì scorso troverà conferma nei risultati ufficiali, buona parte del merito andrà ai giovani, che al contrario di quanto avvenne lo scorso anno hanno si sono recati in gran numero alle urne, portando la partecipazione a oltre il 60%. Non si trattava di eleggere né il Presidente della Repubblica, né il Parlamento, ma solo gli amministratori dei 113.000 comuni e gli 86 membri del Consiglio degli Esperti, cui l’anno venturo toccherà il compito importantissimo di scegliere la nuova Guida Suprema, che nella teocrazia iraniana è l’uomo più potente del Paese. Ebbene, se i riformisti riuscissero davvero a conquistarvi la maggioranza, e i conservatori non tenteranno di azzerare l’elezione con un colpo di mano, i mesi dell’ultraconservatore Khatami potrebbero essere contati; e senza Khatami anche la sua creatura, il presidente Ahmadinejad, l’uomo che nega l’Olocausto e vuole spazzare via Israele dalla faccia della Terra, vedrebbe il suo potere grandemente ridimensionato. Tra le varie opzioni considerate per bloccare la costruzione dell’atomica iraniana, quella di un cambio di regime, o perlomeno di un sensibile ammorbidimento delle posizioni di Teheran, diventerebbe allora la più probabile.
Sul ruolo fondamentale che i giovani, e in modo particolare gli studenti universitari, hanno avuto in questa evoluzione non ci sono dubbi. Appena la scorsa settimana, un gruppo di loro ha osato contestare apertamente, con grida di «Via il tiranno», il presidente Ahmadinejad, sfidando il potere, i pasdaran e la polizia religiosa con la determinazione di chi è convinto che, se anche nell’immediato sarà perseguitato, il tempo è dalla sua parte. Ma il contributo maggiore alla sorpresa elettorale è sicuramente arrivato dai circa centomila blogger attivi nel Paese, che hanno reso in breve il farsi la decima lingua più usata sul web.
Questi operatori sono riusciti a sostituirsi surrettiziamente alla stampa indipendente, in gran parte soppressa dagli ayatollah, e a tenere viva la fiamma dell’opposizione presso gli oltre 7 milioni di fruitori di internet (su una popolazione di 70 milioni). Ogni tanto le autorità chiudono qualche blog e ne processano i titolari, ma la massa riesce a sfuggire alla censura in un continuo ricorso a nuovi trucchi. Secondo molti osservatori, proprio il massiccio ricorso ai blog ha impresso un’autentica svolta all’opinione pubblica, e con le sue critiche sempre più pungenti al regime, ha spinto molti oppositori a recarsi alle urne.
Dal momento che la popolazione iraniana è in maggioranza giovane, che dai giovani sono venute, sia pure a intermittenza, le più efficaci contestazioni al regime, è su di loro che l’Occidente deve puntare nel suo sforzo di evitare che l’Iran, forte dell’arma atomica, diventi la guida dell’Islam radicale. L’operazione, tuttavia, richiede prudenza: questi giovani sono senz’altro acquisiti alla democrazia, e pronti a lottare per i loro diritti; risulta tuttavia che non siano d’accordo sul tentativo della comunità internazionale di bloccare il programma nucleare del Paese, anche se lo vogliono circoscrivere all’ambito civile; e avrebbero un sussulto di nazionalismo, se il Consiglio di Sicurezza imponesse all’Iran sanzioni dannose anche per loro.


Comunque, se davvero i giovani arriveranno, con il loro voto, a condizionare il Consiglio degli Esperti, la crisi mediorientale avrà un nuovo attore: un attore con cui sarà senz’altro più facile mettersi d’accordo che con i vecchi santoni della gerarchia sciita e che potrebbe mutare i termini dello scontro.

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