Il verde Paissan manda in rosso i lavoratori dei call center

Erano il simbolo delle nuove schiavitù nella società globalizzata, gli eroi sfortunati della sinistra in Parlamento e dei sindacati in crisi di consensi. Ora qualcuno si è accorto che gli studenti anti-Gelmini funzionano di più come spot anti-governo, e loro sono finiti nel dimenticatoio. Anzi, peggio. Perché il provvedimento che sta mettendo in ginocchio i precari dei call center viene proprio da un ex deputato Verde come Mauro Paissan (nella foto), da sette anni componente dell’Authority per la privacy. Proprio Paissan è stato il relatore di tre provvedimenti presi del Garante che di fatto legano le mani ai call center. Il problema sta nell’introduzione del cosiddetto opt-in, cioè il principio per cui le società di call center non potranno più chiamare a casa gli utenti senza un consenso preventivo degli utenti medesimi. Anche solo il mancato consenso equivarrà a un rifiuto. Se questo significa qualche telefonata fastidiosa in meno per noi, per i lavoratori delle società di tele-selling (in maggioranza giovani under 35 e del Sud) significa 30mila posti a rischio, secondo le stime di Confindustria. «Se qualcuno vuole entrare in casa nostra deve bussare - ha spiegato Paissan -, e così chi vuole venderci un prodotto deve avere il nostro consenso per usare il nostro numero di telefono». Ammirevole preoccupazione che però, tradotta in una misura draconiana, non tiene conto degli effetti devastanti sulle aziende di tele-selling, ai vertici in Italia per capacità occupazionale.

Il deputato del Pdl Simone Baldelli ha chiesto l’interessamento del ministro dello Sviluppo economico, mentre gli onorevoli Fedriga e Munerato della Lega hanno posto il problema in Commissione lavoro. Il centrodestra paladino dei lavoratori precari? Sarebbe un curioso autogol per i sindacati e la sinistra. Forse i precari li hanno chiamati per avere un aiuto. Si saranno scordati di chiedere il consenso preventivo.

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