Controstorie

Verde, pulita, sicura e tecnologica Kigali: l'Africa che non ti aspetti

Dopo il genocidio del '94, il Paese è uno dei più all'avanguardia Grazie a un programma basato sull'ecologia e sull'innovazione

Anna Muzio

L a giornata mensile senza macchine per invitare a uno stile di vita più sano, con lezioni di fitness nei parchi, domenica 4. L'Eastafab, la Biennale delle arti visive, il 12. La convention sulle nuove tecnologie che riunisce esperti di intelligenza artificiale e commercio e sanità digitale, il 14 e 15. Poi la vita di tutti i giorni: gallerie d'arte, vendita di cosmetici biologici sui social, locali dove sorseggiare, la sera, un Margarita al frutto della passione gustando cucina fusion e ascoltando musica jazz. Per la colazione invece c'è la caffetteria della libreria, con un ottimo caffè mono origine e lo yogurt greco con muesli di macadamia e semi di chia, sano e a chilometro zero, come vuole la liturgia del Millennial consapevole.

Sembra di scorrere l'agenda degli eventi di una qualche città occidentale, magari dell'Europa del Nord, un po' bacchettona sui temi ecologici ma ipertecnologica e vivace, che non si fa mancare installazioni d'arte, bistrot finto rustico, intrattenimento e vita moderna. Ed è invece il programma di questo inizio di febbraio a Kigali, capitale del Ruanda, in quella che una volta si chiamava Africa Nera.

Immaginatevi una città svizzera con dolci colline al posto delle montagne, ma sempre immersa nel verde, con una temperatura migliore (lontana dal caldo opprimente dei Tropici, la media annuale è di 27 gradi) ma pulita e sicura, con strade bordate di aiuole, ville con giardino e qualche grattacielo di vetro e acciaio nel centro. E mettetela in un Paese africano con un governo stabile ancorché non democratico (Paul Kagame, presidente dal 2000, detta legge da 24 anni) ma che ha fatto della lotta alla corruzione un punto fermo. Kigali, 1,1 milioni di abitanti, poco meno di Milano, sembra fatta per mettere in questione la nostra idea di Africa: sporca, corrotta, caotica e pericolosa.

Eppure in questi luoghi nel non lontanissimo '94 la guerra civile provocò un genocidio in cui persero la vita 800mila uomini, donne e bambini di etnia Tutsi. Oggi il Ruanda ospita 12 milioni di abitanti e 8 milioni di piante di caffè e ha varato un rigido programma di protezione dei gorilla: ogni nuovo nato riceve un nome in una cerimonia apposita che si tiene ogni anno, la Kwita Izina. Il Paese figura nella lista delle destinazioni «da non perdere» nel 2018, e ne parlano un po' tutti, dalla Cnn al New York Times. Eppure, più che nel turismo, la forza di Kigali sta nella sua volontà di diventare una guida, economica ma soprattutto culturale, per le nazioni dell'Africa sudorientale. Un programma che si sviluppa lungo due direttive: l'ecologia e la tecnologia.

L'ecologia innanzitutto. Qui i sacchetti di plastica, quelli che hanno fatto insorgere mezza Italia per una tassa da pochi centesimi, sono banditi fin dal 2008. Per molti commentatori sarebbe stata proprio questa la mossa che ha trasformato la nazione, ma soprattutto la sua capitale, in una delle più pulite del continente africano. Nel 2016 scatta un'altra misura ecologica che incide sul modo di vivere la città: la prima domenica del mese senza auto. Non ha solo lo scopo di limitare lo smog, che attanaglia le città africane, ma è presentata alla popolazione come opportunità per migliorare la propria salute. Grazie ai frequentatissimi eventi sportivi organizzati nelle aree pubbliche, in cui i partecipanti si portano a casa spesso anche un check up e un consulto medico gratuito.

Il futuro si affronta anche coniugando istruzione, scienza e tecnologia. Campo in cui Kigali sta diventando un vero e proprio centro nevralgico. Perché la tecnologia digitale, quella degli smartphone, dei droni e dell'intelligenza artificiale, sta aiutando il continente più povero a risollevarsi da secoli di arretratezza: gli smartphone non necessitano di rete fissa e i droni consegnano senza bisogno di strade.

Di nuove tecnologie si è parlato all'Africa Tech Summit nei giorni scorsi. Segno dei tempi: il convegno che unisce tecnici, scienziati, imprese, fino al 2017 si è tenuto a Londra. Quest'anno è stato spostato qui. Dove si moltiplicano le start up dei giovani africani sostenute dal governo di Kagame. Loro magari hanno studiato all'estero, ma l'obiettivo è inserire almeno 25 università africane nella lista delle top 300 entro il 2030. Intanto, qualcuno ha già soprannominato l'area «Silicon Savannah». Dal 26 al 28 marzo Kigali ospiterà il Next Einstein Forum, convention biennale di scienza e tecnologia nata per promuovere lo sviluppo attraverso la scienza. Prende il nome da una convinzione degli organizzatori: «Siamo sicuri che il prossimo Einstein nascerà in Africa».

Intanto, il presente si muove veloce. Per raggiungere ospedali e ambulatori nelle zone più impervie la consegna di sangue per le trasfusioni è stata affidata ai droni di Zipline, azienda americana che collabora con il governo. Viene lanciato con un paracadute di carta di cera e nastro biodegradabile in scatole di cartone. Perché la sostenibilità è ormai un chiodo fisso, ovunque e in qualsiasi situazione. Il «miracolo Kigali» ha colpito nel 2015 anche l'immaginazione dell'archistar Norman Foster e della sua fondazione: sul sito, accanto a progetti per case sulla Luna e su Marte, c'è quello dei «porto per droni» ruandesi. Che però, a differenza delle colonie extraplanetarie, sono già una realtà. Ci dice Antoine Nétien, torrefattore parigino che sta aprendo una base proprio a Kigali: «È la piattaforma e la base finanziaria per l'Africa orientale. Dai tempi del genocidio sono ripartiti da zero, tutto è stato ricostruito. È il luogo ideale per lavorare anche con i Paesi vicini: se si passa la frontiera con la Repubblica Centrafricana o il Burundi si entra in un altro mondo, tutto diventa più difficile».

Eppure la rinascita del continente più ricco (di risorse) e più povero insieme forse è già iniziata, proprio a Kigali.

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