Un vero affare sotto l’ombrello del Pd

Nasce la prima grande banca dell’era democratica. Intesa come partito, come Walter Veltroni. Ma nasce anche la prima grande banca locale, dal forte senso industriale. Vediamo come si combina la bottega della nostra politica con il senso degli affari, con un mercato sempre più competitivo. Intanto i denari. Giuseppe Mussari, la nuova star della finanza italiana, garantisce la sopravvivenza in autonomia della sua Mps, ad un prezzo folle. Tanto che oggi il titolo Mps crollerà in Borsa. I toscani, anzi i senesi, comprano Antonveneta pagando tre miliardi in più del dovuto. In venti giorni gli spagnoli del Santander sono infatti riusciti a cedere per nove miliardi il pacchetto di azioni che avevano comprato a sei. Un bell’affare per il venditore. L’Mps paga trenta volte gli utili attesi di Antonveneta, due volte e mezzo il patrimonio netto e circa 10 milioni di euro per ogni sportello. In compenso sul mercato c’è poco in vendita: e questo effetto rarità contribuisce ad alzare le pretese di chi vende. In più l’integrazione tra i due gruppi è, da un punto di vista geografico, perfetta. Quando Antonveneta era degli olandesi di Abn, il suo boss Groenink era volato a Siena, al Palio, proprio per discutere una fusione Mps-Antonveneta, che all’epoca non si fece. Insomma è un vecchio sogno che si realizza. Nella colonna dei «più» per il Monte vi è anche una banale questione di sopravvivenza. Non vengono scalate le posizioni in classifica dei big del credito in Italia: Intesa e Unicredito sono insuperabili. Ma il Monte riesce ad aumentare il suo peso e la sua dimensione, quanto basta per non essere considerata una bella addormentata.
Lo fa, come abbiamo visto, a caro prezzo. E grazie alla sua struttura proprietaria unica in Italia. L’azionista di maggioranza del Monte resterà la Fondazione (controllata dalla politica locale, Comune e Provincia) che dovrà mettere mano al portafoglio per tirare fuori i due miliardi necessari per non scendere sotto al 50 per cento della nuova banca.
In questo senso si può dire che l’operazione è la prima dell’era Veltroni. Mussari è un uomo pragmatico. Naviga nel giro dei diesse senesi con l’abilità di un consumato politico. Ma soprattutto ha avuto la capacità di creare intorno alla banca «più politica» del Paese un consenso imprenditoriale di primo piano. Ha blandito a sufficienza il «primo inquilino» del loft veltroniano, Carlo De Benedetti, facendo molti affari con la sua finanziaria. Chiedendogli di entrare anche nel capitale: senza successo fino ad ora, ma ai prezzi dei prossimi giorni chissà. Ha stretto un rapporto ottimo con Francesco Gaetano Caltagirone e con l’acquisto di Antonveneta fornisce al liquidissimo costruttore romano la possibilità di avere un ponte finanziario nel Veneto, dove Caltagirone ha più di un interesse. Mussari ha saputo mettere in piedi una rete di relazioni imprenditoriali e politiche che permetteranno all’Mps di fare questo salto dimensionale a prezzi fuori mercato. E come per le primarie dei democratici il risultato è scontato. L’operazione, nonostante il duro accoglimento che il mercato riserverà alla struttura finanziaria, andrà in porto.

Una banca che può tranquillamente snobbare gli alti e bassi dei terminali di Bloomberg, deve saper trarre da qualche altra parte la sua legittimazione e forza. La troverà nel Partito democratico e in quell’area, ancora un po’ confusa, dell’establishment italiano che in esso si riconosce.
Nicola Porro

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