Leconomia piemontese, come quella di tutto il Paese, si trova di fronte a un momento di crisi che presenta tre sfaccettature. È lopinione di Massimo Pellegrini, presidente del gruppo Mp Consulting & Partners, società leader nella consulenza direzionale e organizzativa alle Pmi con sede a Novara. «Ci troviamo a confrontarci - sostiene Pellegrini - con tre crisi in una. La prima è una crisi da interdipendenza non governata, che ha sfasciato i rapporti tra domanda e offerta, portando a picco i valori attribuiti dai mercati agli asset materiali e immateriali di cui disponiamo. La seconda è una crisi da squilibri competitivi non facilmente aggiustabili, dovuta alla perdita della distanza che isolava in precedenza Paesi dotati di costi del lavoro non confrontabili e che oggi invece fanno parte dello stesso villaggio globale. La terza è una crisi da insostenibilità, in tutti quei campi (ambiente, energia, cibo, cultura, conoscenza sociale tra gli altri) in cui la crescita è andata avanti per la sua strada senza curarsi di rigenerare le sue premesse. Oggi che scendono in campo asiatici e altri ci rendiamo conto di quanto la crescita passata sia stata dissipativa e di come occorra ripensare allo sviluppo in termini maggiormente riflessivi».
Per uscire dalla crisi di domanda, secondo Pellegrini, occorre recuperare il governo delle interdipendenze rafforzando il legami. «Bisogna, da questo punto di vista, far leva non su inesistenti «poteri ordinatori» o regole a scala globale, ma sui legami che sono già presenti e attivi su scala più limitata: Stati nazionali, sistemi locali, filiere, comunità, famiglie. Insomma, su quello che una volta veniva spregiativamente chiamato il capitalismo delle relazioni e che è oggi in grado, almeno in linea di principio, di stabilire circuiti di comunicazione, responsabilità, impegno reciproco tali da mettere termine al gioco del cerino. Sul terreno della competitività, il rimedio da proporre è che i Paesi high cost si attrezzino per investire nella creazione di conoscenze originali e di reti di relazione esclusive, tali da compensare i differenziali negativi di costo del lavoro, rendendo «morbido» linseguimento tra Paesi ricchi ed emergenti, che oggi rischia di trasformarsi in uno scontro cruento. Il Made in Italy è destinato a soffrire più di altri la crisi di competitività. Mentre Usa, Germania e Giappone hanno da tempo «pilotato» le loro economie nazionali verso competenze e specializzazioni compatibili con i redditi di Paesi high cost, lItalia ha fatto, dagli anni 70 in poi, un percorso complementare. In quanto Paese low cost nel mercato continentale europeo i nostri produttori, specie agli inizi, hanno potuto fare i Cinesi d'Europa e non si sono fatti grandi investimenti in conoscenza e in reti. Ora lItalia si trova a essere un paese high cost. Dunque, deve fare quegli investimenti in capitale intellettuale e relazionale che in precedenza non ha fatto, se vuole produrre conoscenze originali e contare su reti di approvvigionamento e di vendita esclusive. Sul piano della sostenibilità, invece, va posta soprattutto una questione di metodo. Finora la modernità ha affidato le decisioni chiave ad automatismi non responsabili e non riflessivi, come la scienza, la tecnologia, il mercato, il calcolo economico, le procedure organizzative e le norme giuridiche».
Anche secondo Pellegrini per molte Pmi è arrivato il momento di puntare sullinternazionalizzazione. «Quando si parla di internazionalizzazione di unimpresa si fa riferimento allo sviluppo di un sistema in grado di favorire gli scambi con lestero cercando nuovi sbocchi per le attività di tipo commerciale, economico e produttivo. Nella maggior parte dei casi la spinta più forte i questa direzione è il rallentamento della domanda. Esistono poi altre motivazioni, alcune legate alla situazione interna, come la crescita della concorrenza, altre connesse a fattori come la necessità di ridurre la dipendenza da un unico mercato o quella di cogliere le opportunità di guadagno che si vengono a creare nei mercati esteri.
«Vero supporto per chi vuole internazionalizzare»
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