Verona - "Solo il silenzio parla, ma sono qui per farmi interprete di quel grande abbraccio collettivo al papà e alla mamma di Nicola, che ogni veronese vorrebbe riservare loro": così si è espresso nell'omelia il vescovo di Verona, monignor. Giuseppe Zenti, nel corso della cerimonia funebre per Nicola Tommasoli. Nella chiesa di San Bernardino, nella quale è in corso il rito, vi sono circa 300 persone, tra i quali tutti i familiari del giovane ucciso, la fidanzata, e i compagni di lavoro dello studio tecnico di Affi. Sulla bara è stato posto dai genitori, composti nel loro dolore, un cuscino di rose bianche e gialle. Per rispettare la volontà della famiglia, alla cerimonia non é presente alcuna autorità, ad eccezione del comandante della Compagnia Carabinieri di Verona, maggiore Giuseppe Serlenga.
Nel sottolineare di volersi fare portavoce "delle parole di conforto che ognuno vorrebbe sussurrare", monsignor Zenti si è rivolto ai familiari manifestando il proprio apprezzamento per la scelta di un funerale in forma privata. "Avete scelto opportunamente un rito lontano dai fari televisivi e mediatici - ha affermato nel corso dell'omelia -. Anche il dolore ha la sua sacralità". Nessun accenno diretto è stato fatto dal prelato ai presunti autori del pestaggio, pur ribadendo che "la vita è per essere vissuta non per essere stroncata, magari in una notte di follia". Monsignor Zenti ha poi fatto cenno alla "logica iniqua della violenza" e alla "scatenata aggressività incontrollata" che ha avuto per epilogo la morte di Tommasoli. "La famiglia ha affrontato con dignità questa tragedia - ha rilevato - e ha destato sensazione la compattezza della reazione di tutta la città".
Il vescovo ha rimarcato la solidarietà espressa ai congiunti di Tommasoli dalla città: "Verona si è fermata e si è interrogata. I giovani si sono interrogati sul senso della vita e i genitori sul loro ruolo educativo". L'ultimo pensiero è stato dedicato al giovane ucciso, ponendo l'accento sul gesto di generosità dei genitori che hanno scelto di donare i suoi organi. "Gesù non ha abbandonato un momento Nicola - ha concluso il vescovo - che non si è inabissato nel nulla: è vivo, anche se in una dimensione diversa, nel cuore dei suoi familiari e di chi gli vuole bene".
Il Gip: da Veneri forse il calcio al volto A colpire al volto con un calcio Nicola Tommasoli sarebbe stato Nicolò Veneri: il particolare emerge - come riferisce oggi il Corriere del Veneto - dall'ordinanza del gip di Verona che trattiene in carcere i cinque giovani indagati dell'omicidio del giovane veronese. Nell'ordinanza il giudice Sandro Sperandio farebbe riferimento a quanto dichiarato da Guglielmo Corsi che avrebbe fatto i nomi di Federico Perini e Nicolò Veneri come i due del gruppo che avrebbero attaccato Tommasoli.
Il disegnatore tecnico di Negrar, secondo Corsi, "caduto al suolo era stato colpito da un calcio in faccia del Veneri". L'ordinanza evidenzia comunque che Veneri e Perini negano "di aver affrontato direttamente proprio il giovane poi deceduto".