Verona offre un salvagente a Biasi Ingresso «light» nel Banco Popolare

Fondazione Cariverona blocca allo 0,5% del capitale la propria scommessa sul Banco Popolare, il massimo oggi consentito dal Testo bancario ma molto meno del 5% a lungo sognato, e offre un paracadute «istituzionale» al presidente Paolo Biasi, finito sotto inchiesta per bancarotta preferenziale. La soluzione trovata ieri dal consiglio generale dell’Ente, che è il primo azionista italiano di Unicredit, è stata mettere mano allo statuto, rispolverando un vecchio decreto del Tesoro per «aggiornare» le norme sui requisiti di onorabilità degli amministratori. Se fino a ieri, in caso di condanna di primo grado, Biasi sarebbe stato obbligatoriamente sospeso, ora l’ultima parola passa ai 32 componenti del consiglio generale di CariVerona. Chiamati, secondo quanto fissa lo stesso decreto, a decidere entro 45 giorni se procedere o meno alla revoca del manager. É lo stesso schema che vige nel sistema bancario, solo che in questo caso il verdetto spetta all’assemblea dei soci.
Quanto invece all’aumento del Banco Popolare, CariVerona non poteva che accontentarsi di un impegno «light» (20 milioni di euro). La crociata indetta dal sindaco di Verona, Flavio Tosi, per cambiare la normativa che fissa allo 0,5% il limite di possesso azionario nel mondo delle Popolari, è infatti risultata al momento infruttuosa. CariVerona ha però specificato di aver scelto in questo modo visti i vincoli vigenti, lasciando quindi intendere che se il «limitatore» azionario sarà rimosso aumenterà il proprio peso nel Banco per avvicinarsi all’obiettivo iniziale del 5 per cento. «Sono soddisfatto della decisione», ha detto Tosi secondo cui l’ente di Biasi «ha fatto tutto quello che poteva fare». Lo stesso primo cittadino ha poi ammesso che le possibilità che il quadro normativa cambi con il decreto «Milleproroghe» sono ridotte al lumicino. A dire il vero, a chi conosce il mondo cooperativo e i tempi delle sue battaglie, la rivoluzione preparata da Tosi era da subito apparsa destinata ad arenarsi.
Verona ha poi completato il proprio consiglio generale con il commercialista Carlo Alberto Murari e l’imprenditore vicentino Marcello Cestaro. L’impianto iniziale di Biasi prevedeva in parallelo alla salita nel Banco la vendita, per reperire i 200 milioni necessari, dell’1% di Unicredit ma a questo punto l’operazione resta sospesa.


L’aumento di capitale da 2 miliardi voluto dall’ad Pier Francesco Saviotti per trarre il Banco (+1,8% in Borsa) fuori dalle secche e rimborsare 1,4 miliardi di Tremonti-bond, procede comunque spedito. Oltre a Verona, ha prenotato una quota anche la Fondazione Crt, anch’essa grande socia di Unicredit, e ora potrebbe scendere in campo la Fondazione di Lucca.

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