Verso il sì finale alla devoluzione Stasera a Roma vertice con Bossi

Il Senatùr torna nella Capitale per la prima volta dal marzo del 2004. Referendum dopo il voto

da Roma

Venti ore di tour de force e domani sera al Senato si chiuderà finalmente il lungo cammino della Grande riforma federale. Con un’ospite d’eccezione, perché - come previsto - alla «festa» di Palazzo Madama parteciperà pure Umberto Bossi, per la prima volta a Roma dopo lo scompenso cardiaco che l’ha colpito l’11 marzo del 2004. Il leader della Lega arriverà nella capitale questo pomeriggio, mentre il Senato sarà già alle prese dalle prime ore della mattina con il dibattito sulla devoluzione. E sarà ospite di Aldo Brancher, sottosegretario alle Riforme di Forza Italia, uomo da sempre vicino al Senatùr. Proprio a casa Brancher, stasera è in programma una cena per festeggiare la vigilia del via libera alla riforma. «Un incontro tra amici, come ai vecchi tempi», lo definisce uno dei convitati. Al tavolo, tra gli altri, oltre a Bossi ci saranno Roberto Calderoli, Giulio Tremonti e Francesco D’Onofrio.
Se il rischio di incidenti parlamentari dell’ultima ora pare fugato (sono poco più di dieci i voti di margine della maggioranza), la Casa delle libertà si sta ora concentrando sulla data in cui si terrà il referendum confermativo. E già, perché lo scorso 20 ottobre la Camera ha sì approvato il testo ma senza la maggioranza qualificata dei 2/3 che avrebbe precluso il ricorso al giudizio popolare. Così, nonostante il passaggio di domani sera sia l’ultimo, prima che la devoluzione e il premierato entrino in Costituzione dovranno «giustamente passare per il vaglio del popolo» (parole del ministro Calderoli). Ed è proprio sui tempi del referendum che si sta lavorando. Approvata la riforma e immediatamente notificata sulla Gazzetta ufficiale, entro tre mesi un quinto dei membri della Camera o 500mila elettori o cinque Consigli regionali possono richiedere il referendum. Ed è qui che sta il nodo della questione. Per raccogliere le firme di un quinto dei deputati, infatti, basterebbe una mattinata, stringendo di molti i tempi della consultazione che si verrebbe a tenere poco prima delle politiche (previste per il 9 aprile), di fatto focalizzando la campagna elettorale sulla riforma costituzionale. Ma l’interpretazione fatta valere dal governo Amato quando si trattò di richiedere il referendum confermativo sulla riforma del Titolo V fu di far decorrere tutti e tre i mesi previsti, per non ledere il diritto degli altri soggetti (cittadini e consigli regionali) legittimati a chiedere la consultazione. Insomma, si dovrà aspettare almeno la metà di febbraio prima che la Cassazione decida sulla legittimità del quesito dandone comunicazione al Quirinale. Che, entro sessanta giorni, indice il referendum con decreto e su deliberazione del Consiglio dei ministri. La data in cui si terrà la consultazione popolare sarà quindi fissata in una domenica tra il 50° e 70° giorno successivo al decreto. Insomma, ben che vada, il 7 maggio del prossimo anno. Ma è più probabile che si arrivi a una delle ultime domeniche di giugno (18 o 25).
Fugato il rischio che il quesito possa cadere prima delle politiche, è però fuor di dubbio che la campagna elettorale si focalizzerà in buona parte sulla riforma. Con l’Unione pronta ad accusare il centrodestra di «spaccare l’Italia» e la Casa delle libertà costretta a reggere l’impatto della Lega che al Nord farà della devoluzione un vero e proprio cavallo di battaglia (non a caso Roberto Maroni fa sapere che se domani «va male non ci sarà alcun futuro»). E nel pranzo a base di Crodino e salame a Gemonio, Bossi e Gianfranco Fini avrebbero discusso anche di questo. Con il vicepremier deciso a far diventare la riforma federale anche una sua vittoria.

Così, se al Nord ci sarà il Carroccio a sbandierare il federalismo, al Centro e al Sud ci sarà An a farsi forte del conquistato «interesse nazionale» e della rafforzata governabilità grazie a premierato e norma antiribaltone. «Questa riforma - chiosa non a caso D’Onofrio - è il vero collante politico strategico della coalizione».

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