Verso la sfida tra Gasbarra e la Polverini

RomaIl problema è talmente serio da spingere i democratici del Lazio a chiedere un aiutino al governo Berlusconi. Le dimissioni di Marrazzo hanno riproposto il problema della data del voto. Stando al calendario i cittadini del Lazio dovrebbero andare alle urne tra 135 giorni, tre mesi più quarantacinque giorni, secondo la legge elettorale, quindi il 7 marzo. Tre settimane dopo si tiene l’election day. Una vicinanza di date che ha spinto il presidente del consiglio del Lazio, il Pd Bruno Astorre, a chiedere un decreto del governo che introduca una «norma transitoria» per rinviare il voto nella regione. Tutto questo per fare risparmiare i contribuenti, hanno spiegato esponenti Pd, Udc e Prc del Lazio. Ma, risparmi a parte, il problema sembra piuttosto quello di allontanare il voto il più possibile dallo scandalo Marrazzo. E, almeno nel caso del Pd, individuare un candidato alternativo.
La sfida più probabile rimane quella tra Renata Polverini ed Enrico Gasbarra. La sindacalista, segretario generale dell’Ugl, resta la scelta più gettonata per il centrodestra. E Gasbarra rimane in testa nel Pd, visto che è un candidato forte (un ex Dc che, come ricorda lui stesso, non ha mai perso un’elezione), ma anche perché di alternative non ce ne sono molte.
Ieri è spuntata quella di Andrea Mondello, presidente della Camera di commercio di Roma recentemente rieletto, al quale l’idea di candidarsi come governatore del Lazio, ovviamente con l’accordo di tutto il centrosinistra, potrebbe non dispiacere. Tramontate tutte le candidature veltroniane e franceschiniane. A partire da quella dello stesso Veltroni che ieri ha spiegato di non avere intenzione di correre per la poltrona da governatore. Tramontata la candidatura di Giovanna Melandri. Sondaggi anche su un’altra donna, Silvia Costa, che alle europee ha raccolto molti voti. L’impressione nel Pd che, chiunque accetti, lo faccia più che altro per guadagnare meriti in vista di un’altra candidatura o comunque di un premio per il sacrificio.
La vera partita dei democratici laziali post Marrazzo rimane quella per la segreteria regionale. Il problema grosso della maggioranza del Pd, cioè dei dalemiani e bersaniani, è che il candidato locale ha preso pochi voti. Ancora meno delle previsioni più prudenti: Mazzoli alla fine ha ottenuto il 44,4 per cento; il segretario uscente Roberto Morassut (mozione Franceschini) il 36,7 per cento; Ileana Argentin (Mozione Marino) il 18,9 per cento. Ancora possibile un appoggio della Argentin a Morassut. I due candidati avrebbero la maggioranza dei voti all’assemblea regionale. In soccorso di Mazzoli potrebbero però arrivare gli ex democristiani.

I mariniani (nel senso di Franco Marini) che dopo la sconfitta di Franceschini non hanno nessuna intenzione di restare all’opposizione del partito e trattano l’ingresso nella maggioranza. Se Morassut perdesse pezzi, il candidato bersaniano ne potrebbe approfittare per ottenere una maggioranza solida.

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