Vertice Nato, Parisi smentisce rinforzi per Kabul

da Roma

Mentre il governo Prodi insiste nella ricerca alchemica di una soluzione per dribblare gli ostacoli interni al rifinanziamento della missione in Afghanistan, ieri a Siviglia si è aperto il vertice dei ministri della Difesa della Nato. Sul tavolo, manco a dirlo, proprio il rilancio dell’impegno militare alleato per contrastare la paventata offensiva dei talebani. A chiedere di rafforzare la consistenza della forza internazionale Isaf, non solo il nuovo numero uno del Pentagono Robert Gates, ma anche il segretario generale dell’alleanza atlantica, Jaap de Hoop Scheffer. Se il successore di Donald Rumsfeld ha ribadito, al suo primo vertice, che le prossime saranno settimane cruciali per stoppare il prepotente ritorno dei fondamentalisti nell’area meridionale del Paese, Scheffer ha chiesto «un maggiore sostegno», spiegando che «le attuali operazioni richiedono un impegno totale, militare e politico, e una piena cooperazione con i nostri partner internazionali». «Pronti a combattere», ammonisce il segretario generale della Nato, che mette in guardia dal rischio che l’Afghanistan diventi «un paradiso sicuro per il terrorismo internazionale». E, quasi a prevenire le resistenze di alcune delle nazioni rappresentate al vertice, come la stessa Italia e la Spagna, Scheffer aggiunge che non si tratta solo di adeguare la «risposta militare» alla controffensiva talebana, ma anche di intensificare gli sforzi per «la ricostruzione e lo sviluppo civile».
Ma l’anticipazione del presidente emerito Francesco Cossiga, che in mattinata annuncia l’invio nel teatro operativo di «una squadriglia mista di Tornado e di F16» da parte del nostro governo, viene smentita da Parisi. «Non mi permetterei mai di correggere Cossiga. Posso solo dire che, pur essendo ministro della Difesa, non dispongo delle sue informazioni. Né ne dispone il capo di Stato Maggiore della Difesa, che è qui con me a Siviglia». Il «rilancio» dell’impegno italiano alla missione Isaf è in realtà molto più minimale. Nel decreto in approvazione in Parlamento, rivela Parisi, c’è solo l’invio di un Hercules C-130 e di due aerei da ricognizione al momento non meglio specificati, ma senza pilota. Nessun ritocco alla consistenza del nostro contingente, dunque, attualmente composto da circa duemila uomini, nessuna differente dislocazione dei nostri soldati, che gireranno al largo dalla «combat zone»: «La permanenza delle quantità e la qualificazione della presenza - commenta lapidario il ministro - è una risposta coerente».
A integrare le forze alleate, probabilmente con quattro battaglioni da 600 uomini, saranno Polonia, Usa e Gran Bretagna. Mentre la Grecia invierà elicotteri e la Germania, pur negando il «trasloco» a sud dei suoi tremila soldati, fornirà sei caccia. La possibile carenza di rinforzi preoccupa Soeren Gade, ministro della Difesa danese, secondo il quale «se non invieremo altre truppe in Afghanistan c’è il rischio di un fallimento». Critiche le reazioni all’annuncio di Parisi in Italia. Per il vicepresidente della commissione Esteri del Senato, Alfredo Mantica di An, le dichiarazioni di Scheffer e i rinforzi tedeschi sono «due sberle» per il governo Prodi, che «non ha capito la gravità della situazione in Afghanistan».

Caustico Cossiga: «Sono contento per gli amici Diliberto e Giordano, del cui assenso a votare senza far storie il rifinanziamento della missione deve essere stata contropartita l’impegno a non accogliere le richieste della Nato e a limitarci a fare i pizzardoni nell’unico spazio controllato dal governo fantoccio dell’Afghanistan, e cioè il centro della capitale Kabul».

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