Marco Lombardo
nostro inviato a Monaco
La battaglia degli smartphone la si combatte con quello che c'è dentro. Son ormai tutti belli, perché il design è quello che conquista, poi però bisogna farli funzionare e il messaggio è uno solo: devono semplificarci la vita. Si chiama dunque innovazione, e in questo senso si è mossa Huawei con il suo nuovo Mate 10, che in Italia arriva nella versione Pro da il 15 novembre (già preordine su huaweipromo.it nei colori Blue Midnight e Titanium Gray, il prezzo è di 849 euro). E se le caratteristiche sono super - per dire: schermo Oled Hdr da 6 pollici nel formato 18:9, dual Sim 4G, due fotocamere posteriori da 12 e 20 mpx, una batteria da 4000 mAh per una durata d'uso di due giorni - è al suo interno che si fa la rivoluzione. Grazie al primo chipset neurale, il Kirin 970, che trasforma una macchina in un essere (quasi) pensante. Per un viaggio verso l'intelligenza artificiale che consente al Mate, per fare qualche esempio, di adattare gli scatti fotografici autonomamente secondo le condizioni di luce, di suggerire nomi di luoghi e monumenti che si riprendono, di correggere l'audio eliminando i rumori di disturbo, di interagire con chi lo usa grazie a una comprensione linguistica quasi reale. In pratica più che un telefono è un assistente ormai necessario. Secondo la filosofia Huawei raccontata da Walter Ji, presidente del Business Group West Europe dell'azienda cinese: «A noi non interessa essere primo o secondi sul mercato: a noi interessa produrre strumenti che diano benefici agli essere umani. Ed è da qui che poi i risultati arrivano».
Per esempio in Italia.
«Sicuro. Il vostro Paese è importante per noi: nell'ultimo hanno ci siamo posizionati al 30 per cento del mercato. E sappiamo che ottenere un livello del genere tutto deve essere ad alto livello: design, performance, batterie, fotocamera».
La sintesi del Mate 10.
«Questo smartphone è il prodotto dell'esperienza dei precedenti modelli e dei nostri investimenti in ricerca e sviluppo. Così siamo arrivati alla strada dell'intelligenza artificiale».
Come ci può aiutare una macchina pensante?
«La premessa è che lo smartphone è ormai un oggetto indispensabile. Noi lo vogliamo più intelligente e che comprenda sempre al meglio le esigenze di chi lo usa. In qualsiasi condizione e per qualsiasi necessità».
E che sia bello.
«Anche questo è importante, soprattutto in Italia: il design deve andare di pari passo con l'ingegneria».
Parliamo del Kirin 970 e dell'intelligenza artificiale: dov'è il limite? Ci dev'essere un limite?
«La nostra filosofia in materia è che lo sviluppo deve essere open: noi mettiamo il chipset neurale che, intendiamoci, resta una nostra proprietà intellettuale. Lasciamo però agli sviluppatori il compito di aggiungere idee e qualità. Per questo abbiamo una forte collaborazione con Google per costruire un sistema AI che dia benefici all'umanità. Aprire agli altri per il benessere di tutti».
Aprire anche a chi?
«L'abbiamo già fatto anche con Microsoft e Amazon: confrontarsi tra aziende serve per costruire una migliore esperienza e per capire meglio le necessità degli esseri umani. Un ecosistema è molto più sicuro di un sistema chiuso».
Dunque pronti a collaborare anche con concorrenti come Apple o Samsung?
«Dove vediamo un beneficio per gli utenti, noi investiamo. Garantendo ovviamente sicurezza e controllo. Quindi nessuna preclusione, però crediamo in un rapporto one to one e dunque si deve valutare i benefici reciproci. E quelli per i consumatori».
In pratica?
«In pratica dipende dalla volontà che si mette in un rapporto alla pari. E, diciamolo: non tutti sono aperti a questo modo di pensare. Il Mate 10 dimostra però che ne vale la pena».
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