No. Non andrò a La Fattoria. Ho scherzato. Non che fare il sindaco, pur della prima capitale di Italia, me lo impedisca. Il sindaco di Varallo mi chiese con molta insistenza di aiutarlo a essere invitato all’Isola dei famosi, certo di non avere la disapprovazione dei suoi concittadini, ma il loro divertimento: il sindaco nel vaso dei pesci rossi, sempre davanti ai loro occhi. Così erano pronti, e compiaciuti, i miei. E, d'altra parte, il gesto io l'avevo già fatto, rinunciando, con tutti gli assessori, allo stipendio, e lavorando per il piacere di un'impresa gloriosa e apparentemente impossibile. Ci siamo riusciti: Salemi è diventata un luogo della mente di molti, e chiunque sa che lì sta capitando o può capitare qualcosa. Artisti, uomini di teatro, architetti, viaggiatori, si interrogano su questo nuovo luogo della carta geografica delle città immaginarie, e meditano di arrivare. Non fu così quando fui, pur con molto clamore, sindaco di San Severino Marche.
Apparve una stravaganza, ma la città c'era anche prima di me. Invece «questa» Salemi non c'era; ce ne era un'altra dimenticata, e che molti volevano maledetta per il terremoto e per la mafia: irredimibile.
E oggi mal si adattano a vederla rinata e diversa. E, come fu, «libera et immunis». Ma mentre gli impegni crescono, i soldi calano; ed è sempre più lontano il tempo in cui, come un alchimista, potevo trasformare il danaro in spirito, acquistando opere d'arte, rare, insolite, sconosciute, con i guadagni delle presenze televisive, che nel 1992 mi portarono ad essere il parlamentare che (non per la politica, certo) denunciava il più alto reddito dopo il senatore Agnelli. Un punto d'onore, ma anche una realtà gratificante. Durò qualche anno; poi, senza i piagnistei di Biagi, Luttazzi, Santoro, fui rimosso, e sistemato nel palinsesto alle 8,45 con un programma culturale, La casa dell'anima (abitavo in via dell'Anima), molto sofisticato, al posto dei battaglieri Sgarbi quotidiani. Accettai il trasloco e non feci una piega. Poi arrivò il governo, e fui vittima, come ancora oggi, dopo 8 anni, di Giulietti, che ottenne dal cda della Rai che io non fossi più pagato come ospite (lo ero di Paolo Limiti), in quanto sottosegretario. E da allora ogni mia apparizione alla Rai, compreso Ballando con le stelle, non viene compensata. Sembra incredibile, ma la maledizione di Giulietti, per me, e solo per me, si estende a ogni ruolo io rivesta, da parlamentare ad assessore a sindaco di Salemi. Così, chiunque può continuare il suo lavoro di avvocato, di medico, di professore, di notaio, di ingegnere, facendo il sindaco o l'assessore; io, lavorando in televisione, no. Regola insensata ed estensiva, decisa da un Cda che vede la televisione, oltre i confini della par condicio, che è stata inventata per regolamentare le presenze televisive in campagna elettorale, 40 giorni prima del voto, come uno strumento di persuasione diabolico, ma non ti impedisce di frequentarlo gratuitamente con gli stessi esiti rispetto alle conseguenze elettorali. E allora? Si ottiene il solo risultato di precludere il lavoro a chi, come me sul piano dell'ascolto dà prova di saperlo fare. Ovunque io vada, e per questo, non per la mia bella faccia, o buona testa, io vengo chiamato, aumentano gli ascolti; e, proprio a Ballando con le stelle, il mio intervento, atteso, ha registrato 10 punti di share più della media del programma (42% contro 31) e 20 punti più del programma Mediaset (La Corrida). E la persecuzione è personale, giacchè tale Bertolino ha condotto un programma su Rai 3 per almeno due anni, essendo assessore della bella città di Ravello. E, come lui, Domenico de Masi non credo sia andato gratuitamente ospite in televisione, essendo assessore dello stesso Comune. Dunque Ravello sì, e Salemi no. Perché? E come si può impedire, per non consentirlo a me, di andare in televisione, con regolare contratto (dal momento che possono andarci gratis) a tutti i sindaci, gli assessori, i consiglieri provinciali, comunali, regionali e i consiglieri di circoscrizione di tutta Italia? Tanto ha potuto Giulietti contro i lavoratori! In questa sconfortante realtà non posso rinunciare agli inviti, pur con il ricatto della gratuità, per evidenti ragioni di persistenza (anche sul mercato) della immagine, e per promuovere, ove possibile, mostre e libri che avrebbero altrimenti minore visibilità. Arrivarono anche a chiedermi di condurre gratuitamente il dopofestival di Sanremo. Per poi censurarmi per l'invito a Cossiga e a Cristina Bugatti. Così lo feci, pagato, su La7. Poi, il silenzio. L'embargo della Rai frattanto continua, nonostante le mie proteste con Petruccioli, e un esposto al presidente della Repubblica per l'evidente discriminazione e per la violazione dei miei diritti costituzionali di lavoratore. Anche l'altro ieri, alla Vita in diretta ho innalzato gli ascolti fino al mai attinto 27%, con evidente vantaggio economico per l'azienda, governata da un Cda che non mi riconosce l'equo compenso, ma volentieri si compiace del mio contributo. Per lavorare alla Rai, dovrò dimettermi da sindaco? O sprecare, per me e per la Rai, una fonte di profitto, determinata dalla popolarità e dalla intelligenza? A tal punto saranno violati i miei diritti? Alla casa madre, Mediaset, pur dopo la inopinata chiusura di Sgarbi quotidiani, lamentano gli effetti delle tante querele, e vantano crediti per le condanne delle cause civili contro la trasmissione (firmai un scellerato accordo che mi vedeva responsabile al 60%), e tendono, per questo, a non pagare le mie, pur frequenti e produttive, in termini di ascolto, presenze.
Poi mi arrivò un’offerta per L'Isola dei famosi, l'edizione cui intelligentemente partecipò Wladimir Luxuria, reduce dal Parlamento, continente degli sconosciuti. Proposero 400.000 euro, per pagare la «fama», che è un valore in sé, al di là del merito: il riconoscimento della faccia, non della testa, che può, facoltativamente, essere usata. Chiesi 2.000.000 di euro. Rilanciarono 800.000. Lusinghiero. Ma ho rifiutato. Stabilii un limite a 1.600.000. Quando, recentemente, qualcuno ventilò La Fattoria, ho ribadito la richiesta. Perché il mercato della televisione deve valere per tutti, per i Bonolis, per i Santoro, per i Chiambretti, per le Perego, e non per me? Gli ascolti ci sono o non ci sono? E dunque? Eccomi sul mercato, non come sindaco, ma come Sgarbi, la ragione per cui mi chiamano. E, altrimenti, perché mi chiamerebbero? Dunque avevo deciso, per non sprecare una opportunità, e per rispetto per il denaro che il mercato consente, di dichiarare, a quelle condizioni, la mia disponibilità.
Figli (due per i quali verso 5mila euro al mese malgrado il più grande abbia già vent’anni, più una terza per la quale è aperto un contenzioso), affitti (la casa di Milano e di Roma), quadri (la mia grande passione, per i quali ho speso tutti i miei guadagni nel corso degli anni) me lo imponevano, non consentendomi di disperdere una collaudata pratica televisiva, e una innegabile risorsa (per i miei monologhi sono arrivato a guadagnare un milione al minuto fino a un massimo di 13). C'è da stupirsi se dico che uno scritto, un'opera dell'ingegno è pagata, per ragioni di mercato (per chi in quel mercato rientra), dieci, venti volte di meno di una presenza televisiva? Che il talento di Magris, con i libri e gli articoli sul Corriere, è compensato cinquanta volte meno del mestiere di Bonolis? E una serata di Celentano vale 300 articoli di Arbasino, e una di Benigni 200 articoli di Umberto Eco? I due patriarchi non si mettono in gioco, o forse la televisione non li ritiene produttivi e competitivi; io sì.
Ma ora il sindaco di Salemi (che ha rinunciato allo stipendio costringendo al no tutta la giunta), che non avrebbe rinunciato a propizie e congeniali occasioni, si dichiara indisponibile a Fattorie e Isole, inadeguate al suo talento e alle sue capacità più specifiche; e accetta un’inusitata quanto clamorosa offerta: una casa di produzione inglese legata alla Bbc intende girare un reality, divertente e istruttivo, sugli inglesi (sono 25) che hanno acquistato a Salemi case a un euro per restaurarle sotto la direzione del sindaco e nel pieno rispetto di forme e materiali originali. Saranno straordinari sia il soggetto sia lo scambio e la integrazione fra stranieri e locali, già iniziati nei mesi scorsi con gli apripista della impresa e con Oliviero Toscani, Peter Glidewell, i Moratti, Philippe Daverio.
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