Vi racconto la vera Turchia

Chissà quale messaggio voleva dare al Papa, il dirottatore turco che si è impossessato di un volo della Turkish Airlines che andava da Tirana a Istanbul. Forse voleva avvertirlo che in Turchia, quindici giorni fa, è uscito un romanzo che descrive l'assassinio di Papa Ratzinger nella sua prossima visita a Istanbul. Proprio così. Il libro si intitola «Papa’ya suikast» (Attentato al Papa) e il sottotitolo è «Chi ucciderà Benedetto XVI a Istanbul». L'ha scritto un autore di gialli che sta scalando la classifica dei titoli più venduti. Protagonista del romanzo, manco a dirlo, è il Mit, il servizio segreto turco, espressione della destra nazionalista e islamica che si batte da sempre contro ogni ipotesi di unione tra cristiani cattolici e ortodossi. Ecco, a proposito di cattolici e ortodossi: sono in pochi a ricordare che come si sia giunti all’invito ufficiale di Benedetto XVI in Turchia, o meglio: sono in pochi a ricordare come il precedente invito fu incredibilmente rifiutato. Il patriarca ortodosso, Bartolomeo I, aveva invitato Ratzinger in occasione della festa di Sant’Andrea del novembre 2005, ma il governo non aveva confermato l'invito contravvenendo a quella che sembrava una semplice formalità. Le autorità turche si tennero sul vago sino all'omicidio di don Andrea Santoro, il missionario romano ucciso nel febbraio scorso: l’invito ufficiale arrivò immediatamente dopo l'assassinio ed ebbe tutto il sapore di un gesto riparatorio.
Chissà, forse il dirottatore turco voleva avvertire Ratzinger che pochi giorni fa, in Turchia, è stato accoltellato Padre Pierre Brunissen, un religioso francese di 74 anni che era proprio sulle orme di don Santoro e che aveva riaperto una piccola chiesa di una città a maggioranza islamica. Ma sono cose che Ratzinger probabilmente sa. E pure le sa monsignor Luigi Padovese, il vicario apostolico dell'Anatolia che ha denunciato all’agenzia Asianews un clima di aggressione verso i cristiani: «Per molti», ha detto, «la presenza di Benedetto XVI è una presenza scomoda, soprattutto per coloro che non cercano il dialogo o non vogliono che la Turchia si avvicini all'Europa».
Sta di fatto che il clima è quello che è, e che la Turchia, sovente indicata come punta di diamante dell'Islam moderato, di fronte al gran canaio delle recenti dichiarazioni del Papa non ha propriamente osato prudenza. Il Gran Muftì turco, la massima autorità religiosa del Paese, ha detto che «L'Islam deve guardare con preoccupazione al viaggio di Benedetto XVI in Turchia». Ma un terreno ostile a Ratzinger era pronto da tempo: quando divenne Papa, un quotidiano turco titolò così: «È Papa il cardinale che ha polemizzato con Erdogan». L'allora cardinale Ratzinger, in un'intervista a Le Figaro, si era detto contrario all'ingresso della Turchia in Europa per ragioni storiche e culturali, e il premier Erdogan aveva risposto così: «La Turchia parla solo coi Paesi europei». Eccolo il clima: quello di un Paese in cui il 99 per cento della popolazione è seguace di Maometto, e ora vorrebbe riversare settantun milioni di musulmani in un’Europa che ne contiene solo quindici milioni e ha già i suoi problemi. È il clima che può esserci in un Paese che tra settantun milioni di abitanti vanta solo 150mila cristiani, ai quali a tutt'oggi è negato uno status giuridico, non possono aprire seminari, non possono circolare in tonaca, non possono lavorare nella pubblica amministrazione. La Turchia è un Paese in cui a dispetto di una laicizzazione cominciata nel 1924 ha vinto infine un partito che si chiama Partito Islamico, una forza che ha preso il 34 per cento dei consensi dopo aver inneggiato al ritorno del velo per le donne: un partito il cui leader, nonché capo del governo, ha due figlie che portano il velo ed una moglie che lancia fatwe contro le adultere: la legge che punisce il tradimento dei coniugi, difatti, è stata soppressa solo di recente e solo su forte pressione europea.
Ma la grande stampa europea, in prevalenza, preferisce occuparsi della lungimiranza politica di burocrati comunitari ansiosi di esportare formaggi e tecnologie, gli stessi burocrati che hanno già cancellato le radici cristiane dalla Costituzione europea. Così l'opinione di monsignor Luigi Padovese tocca leggerla sul Messaggero di Sant'Antonio: «La Turchia è uno Stato che si professa laico ma che negli scorsi decenni ha visto crescere sempre più un fronte islamico vivace. Questo ha determinato la realtà di uno Stato laico e, nel contempo, confessionale. Non sulla carta, ma nei fatti: uno Stato confessionale di colorazione sunnita, come la maggior parte della popolazione musulmana turca. A discapito delle minoranze non solo cristiane, ma anche musulmane moderate».
Cosicché accadono scene incredibili. L’estate scorsa, a Rize, una cittadina non distante dal mar Nero, un giornale locale aveva questo titolo: «Sulla via del mare è stato avvistato un sacerdote». Tipo un Ufo. Il quotidiano Milliyet il 6 febbraio successivo aveva questo incipit: «Mi hanno fatto vedere il luogo dove è stato avvistato il sacerdote, e mi hanno detto: “È scappato verso la montagna, i giovani gli sono corsi dietro per prenderlo”».

Il capo del partito rappresentante i celeberrimi Lupi Grigi intanto commentava così: «I sacerdoti che vengono nella nostra regione vogliono rifondare lo Stato cristiano greco-ortodosso che c’era prima, tra loro ci sono delle spie che lavorano per i Paesi occidentali, stanno rovinando la nostra pace».
Ma va tutto bene. Padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa del Vaticano, ha detto che «il viaggio del Papa in Turchia non subirà modifiche». Meglio evitare i voli della Turkish Airlines, comunque.

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