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Vi spiego perché difendere Polanski è una vergogna

Ieri il filosofo Bernard-Henri Lévy è intervenuto sul Corriere della Sera in difesa di Roman Polanski, il regista premio Oscar arrestato a Zurigo per uno stupro con condimento di droga perpetrato su una ragazzina di non ancora tredici anni. Il fatto è avvenuto trent’anni fa. L’arresto è di questi giorni, su ordine di un giudice della California. Il ministro svizzero della Giustizia nel frattempo ha deciso: il famoso cineasta resti in cella e si esamini la richiesta di estradizione in America. Oggi mi sento molto svizzero. Ho torto?
Henri Lévy sostiene.
1)Un «rapporto sessuale illegale» non è un crimine contro l’umanità, uno «stupro» non è assimilabile a un omicidio come quello perpetrato contro la moglie di Polanski, Sharon Tate, sventrata da complici di Charles Manson mentre era in cinta di otto mesi.
2)Se estradato negli Usa, Polanski si ritroverebbe nello stesso carcere con Charles Manson, e magari quello potrebbe uscire in permesso mentre Polanski no. Una cosa «insensata».
3)La ragazzina ha perdonato. La riapertura del caso la rimette in primo piano, procurandole ulteriori tormenti.
4)Polanski è stato arrestato a causa della sua notorietà, perché il giudice americano ha bisogno di popolarità per farsi rieleggere.
5)Conclusione: liberatelo, lasciatelo in pace. Questa è giustizia popolare, ed è «una vergogna».
Henry Lévy sostiene di essere in passato intervenuto per difendere signori nessuno, dunque non è sospettabile di doppiopesismo. Ha ragione. Non ha mai guardato in faccia nessuno il vecchio nouveau philosophe parigino. Ma c’è una differenza: quelle persone erano vittime. E qui provo a contestare le tesi assolutorie verso il cineasta franco-polacco.
a)Rapporto sessuale illegale? Che cos’è questo linguaggio di zucchero? Davvero non fa onore a un difensore dei deboli. Prendere una ragazzina, proprio grazie alla notorietà e alla autorevolezza, somministrarle droga, esercitare perversioni, merita un linguaggio più crudo. Questa è pedofilia infame. Qualcosa che le donne definiscono come omicidio, per di più di un minore.
b)Cosa c’entra il paragone con il delitto di Manson? Forse aver subito un orrendo torto diventa giustificazione di quello inflitto ad un innocente? Che bella logica. Somiglia alla teoria della colpa della società per stemperare le responsabilità personali. Il ritrovarsi nello stesso carcere si può ovviare: due carceri diversi. Certo: se la giuria ritenesse colpevole Polanski dopo la fuga.
c)Ecco: la fuga. Polanski ha ammesso il delitto e poi è scappato. In America non si giudica in contumacia. Occorre la presenza. Si spieghi dinanzi ai giurati, il Polanski. Chiami Henri Lévy come testimone. E se lo assolvono, avrà ragione.
d)Il perdono di una donna adulta per il crimine subito quand’era bambina non esiste come attenuante di un crimine. Come impone il Padre nostro la ragazza, dopo trent’anni, oggi perdona. Viene la tentazione di scomodare Lacan per spiegare la complicità involontaria e amarissima che si determina tra carnefice e vittima. Anche questo è una conseguenza abominevole dello stupro di un minore. Certo esiste il diritto della vittima a essere lasciata in pace, a non essere schiacciata dai mass media. Ma non è proprio tramite i mass media che è arrivato il suo perdono? Inoltre: che questa donna sia oggi inseguita dai mass media non è colpa della giustizia americana o svizzera o popolare, ma del delitto di Polanski. Esiste una sanzione sociale del crimine che va scisso dal perdono personale.
e)La giustizia popolare è aberrante, ha ragione Henri Lévy, per molte ragioni ovvie. In primis perché pretende di condannare al posto del giudice naturale. Il modo per sottrarre Polanski alla giustizia popolare è proprio consegnarlo ad una corte che lo giudichi dopo un processo equo, dove ad armi pari possano battersi difesa e accusa.

Ma scappare come ha fatto l’Oscar e invocare il diritto a scappare e all’impunità se ti prendono, come fa il filosofo del Corriere, consacra il diritto dei criminali a perpetrare il male e poi il dovere della società di dimenticarsene. E sarebbe questa la giustizia. Ma va’ là.

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