«Grazie Sergio per quello che hai fatto». Al saluto caloroso del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, lamministratore delegato della Chrysler, Marchionne, ha risposto con queste parole: «È stato grazie alla sua coraggiosa decisione che la Chrysler ha potuto sopravvivere e crescere appena un anno dopo la bancarotta». Il numero del gruppo Usa ha accolto il capo della Casa Bianca alla periferia di Detroit, ai cancelli dello stabilimento di Jefferson North dove viene prodotto il nuovo Jeep Grand Cherokee. Obama, dopo il suo intervento davanti ai dipendenti, è passato come da programma alla visita delle linee di montaggio, liberandosi della giacca e restando in maniche di camicia. Al suo fianco Marchionne con indosso il pullover nero dordinanza. Ad accompagnarli Bob King, il numero uno del sindacato United Auto Worker (Uaw) e Cynthia Holland, rappresentante dei lavoratori della fabbrica. Marchionne è stato applaudito più volte e alcuni operai, parlando con i cronisti, si sono detti stupiti dopo aver appreso «delle proteste in Italia contro la Fiat e Marchionne». «Certo è strano - hanno aggiunto Tj Zpaechir e Steve Burmiarsh, due dipendenti aderenti al sindacato Uaw da 16 anni -: per noi Sergio è un salvatore. Nulla a che vedere con i tempi in cui a guidare era Cerberus che non faceva assolutamente nulla. «Qui abbiamo rinunciato a moltissimo: bonus, aiuti. Ci sono stati licenziamenti. Ma ora le cose iniziano ad andare meglio: la Chrysler sta riassumendo e a Jefferson North si vocifera addirittura di una terzo linea di produzione. I nuovi prodotti, inoltre, sono decisamente migliori dei precedenti e i lavoratori sono più soddisfatti. La Fiat e Marchionne ci hanno offerto una seconda chance e ora le cose iniziano a girare».
Marchionne, nellillustrare a Obama i programmi di sviluppo della casa Usa, ha rammentato che lobiettivo commerciale del marchio è di raddoppiare le vendite a quota 200mila unità nel 2012, grazie «alla capacità del gruppo di puntare sulla rete di distribuzione internazionale dellalleato Fiat».
«In Italia - ha sottolineato il ceo della Chrysler - la Fiat ha responsabilità che vanno al di là di una casa automobilistica:il ruolo che il governo americano ha avuto qui è molto diverso da quello giocato nel nostro Paese». E a chi gli chiedeva se levento alla Chrysler nascondesse un messaggio per Pomigliano, Marchionne ha risposto: «Non so se ci sia un messaggio. Penso che sia un riconoscimento che ci potevano essere giorni peggiori in Chrysler: per arrivare a questo punto, però, è stato necessario ripartire da zero e ristrutturare. Ed è importante anche il ruolo che ha avuto il governo in questa ristrutturazione».
Da Detroit a Roma, dove il presidente della Fiat, John Elkann, sempre ieri ha incontrato il capo dello Stato, Giorgio Napolitano e il ministro dellEconomia, Giulio Tremonti. La giornata nella Capitale di Elkann sarebbe servita a una serie di riunioni istituzionali nei quali lazionista e presidente del Lingotto avrebbe ribadito e chiarito la posizione già espressa dal gruppo negli ultimi giorni, nellambito del confronto sui progetti industriali in Italia.
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