«Vi spiego le tappe per arrivare al nuovo Pdl»

«Un braccio di ferro con Alleanza nazionale? Polemiche strumentali. Il primo congresso costituente sarà tra gennaio e febbraio 2009»

«Vi spiego le tappe per arrivare al nuovo Pdl»

da Roma

Onorevole Verdini, il cammino verso il Pdl, da parte di Forza Italia, di cui lei è coordinatore, e Alleanza nazionale, è avviato. L’obiettivo finale è condiviso, ma è inutile negare che qualche «mal di pancia», per i rapporti di forza tra i due principali partiti, che andrebbero a vantaggio vostro, rimane.
«No, guardi, non è così. A volte vengono montate ad arte polemiche strumentali, ma non esiste alcuna prepotenza, né arroganza, da parte di nessuno. E i rapporti di forza, se vogliamo chiamarli così, sono stati stabiliti di comune accordo».
Perché allora Ignazio La Russa, reggente di An, parla di 70% a voi e 30% a loro, mentre Fabrizio Cicchitto spiega che per la scelta degli organismi dirigenti la quota sarà del 75% contro il 25%».
«Sono valide tutte e due le percentuali».
Come è possibile?
«Nella fase costituente del Pdl, nei primi mesi dell’anno e ben prima delle elezioni, l’intesa prevedeva il rapporto citato da Cicchitto. Successivamente, al momento di stabilire le candidature per le Politiche, vi è stata la correzione citata da La Russa. L’obiettivo era armonizzare, regione per regione, le reali esigenze territoriali. Anche perché, va ricordato, il Pdl non è non dovrà mai essere la semplice sommatoria di Fi e An, ma dovrà aprirsi sempre di più».
Il «timing» è quindi concordato, ma alcune differenze di vedute esistono.
«Certo, è naturale. Ad esempio, An ritiene di portare avanti il tesseramento, mentre noi non siamo dello stesso avviso. E dobbiamo ancora decidere la data comune per il Congresso costituente, che si terrà comunque tra gennaio e febbraio del 2009. E poi, sappiamo anche che sui meccanismi di nomina dei delegati An ha fatto una sua scelta, mentre Berlusconi deve ancora decidere. Magari per Forza Italia potrebbe andar bene nominare gli eletti dal popolo, oppure proporre ai gazebo autunnali la scelta dei delegati. Ma è una questione non rilevante».
Obiettivo comune, strategie diverse?
«La strada può essere diversa, ma entrambi i partiti confluiranno insieme, rimanendo in piedi solo dal punto di vista giuridico. Ma dobbiamo essere uniti, pronti per le europee e, ancor prima, per le amministrative che si terranno in primavera».
Qual è la reale prospettiva di crescita del Pdl? Arrivare magari al 40% dei consensi?
«La nostra area di riferimento è superiore e si colloca al 45%. Ma possiamo e dobbiamo andare oltre, fino al 50% dei voti più uno».
Va bene il bipartitismo, ma sembra una soglia sinceramente alta.
«No, sono i numeri a parlare».
E cosa dicono?
«Dicono che noi, come Pdl, alle ultime elezioni abbiamo preso il 38%. Ma abbiamo perso circa 1.250.000 voti nelle regioni del Nord, confluiti nella Lega. Si tratta del 3,5%, che sommato allo 0,5% della Lista di Giuliano Ferrara e altri, ci porterebbe al 42%. Se sommiamo poi i 900.000 voti della Destra, provenienti non di certo dalla sinistra, arriviamo al 44%. Di lì, a salire ancora, il passo è breve».
Sì, ma dovrebbe rientrare anche l’Udc.
«Gli amici centristi hanno avuto un pizzico di cecità politica, ma le porte del Pdl sono aperte».
Sembra riaprirsi, timidamente, anche la questione leadership. E rispunta fuori l’ipotesi primarie per il dopo Berlusconi.
«È un discorso senza senso e controproducente.

Il dato certo è uno solo. Ovvero, le primarie si sono già celebrate lo scorso 13 aprile, e la vittoria porta la firma di Silvio Berlusconi. E l’ultima volta che si parlò di leadership, con il discorso delle “tre punte”, sappiamo come andò a finire».

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