Viaggi a scrocco e corsi senza studenti Il libro nero dell’università da cancellare Adesso gli atenei chiedono più fondi, ma come li hanno utilizzati finora? I prof trentini si sono fatti gratis le vacanze all’estero, a Firenze s’insegna «trofeistic

La batosta finale è stata la graduatoria pubblicata dal Times di Londra: nemmeno un’università italiana in cima alla classifica mondiale degli atenei. Attenzione, con «in cima» non si intende la top ten. E neanche le prime cento. L’intero mondo accademico italiano, quello dell’autonomia e delle autogestioni, dell’Onda studentesca e dei prof di lotta e di governo, quello dei crediti omaggio per regalare una laurea breve a chi può pagare ma non studiare, con uno scatto di reni è riuscito a malapena a rientrare nelle prime 200 piazze: l’Università di Bologna è 192ª. Un risultato che l’ambasciatore americano uscente Ronald Spogli, accomiatandosi, ha definito «tragedia nazionale».
Una «tragedia» che i docenti, hanno costruito con le proprie mani, essendo i signori assoluti dell’università nell’era dell’intoccabile autonomia. Basta passare in rassegna alcune delle più clamorose miserie emerse in questi mesi (e che continuano a emergere) per rendersene conto. E inorridire pensando che gli stessi autori dello sfascio ora urlano contro i tagli agli sprechi e, anzi, chiedono più fondi «per la ricerca».
I viaggi dei prof
L’ultimo capitolo della sprecopoli in cattedra arriva dall’Università del Trentino, di certo non una delle più disastrate. Eppure anche qui il faro della Guardia di finanza ha illuminato cattive abitudini finite in un dossier della Corte dei conti. Frugando tra le «spese di viaggio e di missione» dei prof di Trento, le Fiamme gialle hanno trovato traccia di soggiorni di studio all’estero pagati dall’ateneo trentino e giustificati in modo piuttosto traballante: niente lettera di invito da parte di università straniere e programmi sugli studi da approfondire scarsamente approfonditi, fino al picco di viaggi giustificati con un secco: «Per studio». In altri casi, i docenti avrebbero prolungato la permanenza all’estero oltre la durata dei convegni ai quali partecipavano. Per carità, se ti trovi a Parigi o a Praga, una gita dopo il lavoro ci sta, se pagata di tasca propria. Ma, secondo la Finanza, il conto dei «ponti» extra sarebbe finito a carico dell’Università. E non si tratta di un caso isolato. Perché in tutte le università i prof hanno a disposizione un budget per viaggi di studio. Chi controlla? Naturalmente i docenti stessi, visto che c’è l’autonomia.
Dall’esamificio...
Al di là dei singoli scandali, del resto, è la struttura stessa della didattica a essere messa pesantemente in discussione. Dalla riforma del 3+2, quella che ha creato le lauree brevi nel ’99, il numero dei corsi di laurea è esploso fino a toccare 5.412. Prima della riforma erano 3.000. Tutti indispensabili? E sono indispensabili i 180.000 insegnamenti che hanno generato? Anche la fisiologia del fitness che si insegna a Camerino al corso di laurea in Scienze e tecnologie del fitness? E la Trofeistica, materia del corso di laurea in Scienze faunistiche a Firenze? E che mercato avranno i dottori in aiuole del corso di Scienze del verde di Pavia? Per non parlare dei corsi in Scienze della pace, da Pisa a Macerata. Corsi, in 37 casi, frequentati da un solo studente.
... allo stipendificio
Già, se c’è un corso c’è un professore. Ovvero un posto di lavoro. E di potere, visto che a sua volta il docente può investire i fondi a propria disposizione per impiegare altri docenti a contratto per tenere seminari di ogni genere. Il tutto, ovviamente, sempre col solo controllo di altri colleghi, a loro volta con protetti da sistemare. È così che il numero dei professori ordinari è passato in dieci anni da 13mila a quasi 20mila: +48 per cento. E dal 2000 a oggi il peso delle buste paga degli ordinari è aumentato del 63%. Numeri ancor più scandalosi se si pensa che nello stesso periodo l’università ha subito una lenta ma continua emorragia di studenti: i docenti sono cresciuti il triplo degli studenti. E per il 2009 si parla addirittura di un calo delle matricole del 4,4%. Le assunzioni oltretutto non sono servite a fare spazio ai giovani. Il numero dei ricercatori, primo gradino d’ingresso negli atenei, è infatti cresciuto molto meno di quello degli ordinari. In sostanza nella maggior parte dei casi si è trattato di promozioni di docenti che già erano dentro all’università al rango di ordinari. Tutte decise, naturalmente, con un sistema di concorsi che ha dimostrato di essere una fabbrica di clientele e nepotismo.
Assunzioni «à gogo»
I prof però non sono poi così egoisti. Tra quelli che oggi gridano contro i tagli che penalizzerebbero la ricerca, ci sono senz’altro anche i fautori dell’ondata di assunzioni di personale non docente. A Palermo, ad esempio, i tecnici sono arrivati a quota 2.530 contro i 2.103 prof. E a Siena, con il bilancio in coma, si erano concessi un Centro comunicazione e marketing con 14 uffici e 48 persone a lavorarci dentro.

Il bello è che nell’estate 2008, quando la Gelmini ha annunciato lo stop al turnover a partire da gennaio 2009, le università che ora piangono miseria hanno reagito con una vera corsa all’assunzione: 700 posti per personale non docente banditi in tre mesi, mentre nello stesso periodo dell’anno precedente erano stati una quarantina. Ma non erano alla canna del gas?

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