«Il viaggiatore» che scappava dalla Storia

Eleonora Barbieri

Il viaggiatore non è un romanzo sull'Olocausto. Perché quando Ulrich Alexander Boschwitz (1915-1942) lo scrive, a 23 anni, la Shoah è solo all'inizio. Boschwitz, ebreo fuggito dalla Germania già nel 1935, assiste dall'Inghilterra alla Notte dei cristalli, nel novembre del 1938. Di getto, scrive un romanzo (bellissimo) che esce a Londra nella primavera del '39, con il titolo The Man Who Took Trains, cioè «L'uomo che prendeva treni», che è stato riscoperto e pubblicato in Germania solo l'anno scorso e ora anche in Italia, da Rizzoli. È un romanzo che prevede tutto. Il protagonista Otto Silbermann, ricco commerciante berlinese ebreo, ariano all'apparenza, è costretto a fuggire da casa sua dopo la notte di pogrom e non sa dove andare: in albergo gli chiedono i documenti, oppure alloggiano membri del Partito (nazista), si sente sempre osservato, dalla moglie non può tornare e in azienda neppure, incontra altri ebrei che teme lo «compromettano» e il figlio, da Parigi, non gli procura il visto per emigrare. Così inizia a fare su e giù per la Germania, a bordo dei treni del Reich. Berlino, Dresda, Aquisgrana, Amburgo... Con sé ha una valigetta con qualche decina di migliaia di franchi, tutto ciò che resta del suo patrimonio. E non ha intenzione di procurarsi documenti falsi o passare il confine di soppiatto. Resta una sola conclusione: «Tutte le strade, ma proprio tutte, conducono in un abisso. Contro lo Stato non posso niente».

Silbermann è un uomo braccato dal destino, sulle sue spalle crolla, nel giro di poche ore, tutto il peso della Storia, che non lascia scampo: «È cambiato tutto. Nel nostro intimo abbiamo perso ogni sicurezza e la vita ormai è fatta solo della casualità di cui siamo in balìa. Da soggetti siamo diventati oggetti». Di stazione in stazione, di vagone in vagone, l'ansia di quest'uomo è quella del lettore, e di una sorte segnata. «Sono ancora Silbermann, il commerciante Otto Silbermann? Non c'è dubbio, ma come ha fatto Otto Silbermann a cacciarsi in una situazione del genere?» si chiede, disperato.

Nella sua storia c'è anche quella dell'autore: Boschwitz in teoria è al sicuro, in Inghilterra con la madre, ma paradossalmente viene spedito in prigione in Australia, in quanto tedesco. Quando decide di tornare e combattere contro il Reich, la sua nave viene affondata dalla Marina tedesca. In quel naufragio si perde anche il suo ultimo manoscritto.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica